
La nuova norma regionale (solo in Emilia) contestata dagli appassionati di pesca ai grandi predatori del fiume Po
Boretto. La norma è stata introdotta da poche settimane dalla Regione Emilia Romagna, e anche se manca ancora l’adozione da parte della Provincia è ormai certo: i pescatori non potranno più utilizzare esche vive, pena multe salatissime. Una rivoluzione che non è stata affatto gradita dai pescatori che da anni esercitano la propria attività sulle sponde del grande fiume, soprattutto di quelli che vanno a caccia dei cosiddetti predatori, come i siluri, i lucci o i luccioperca.
Le motivazioni che hanno spinto la Regione a varare questo provvedimento sono da ricondurre alla volontà di tutelare le acque dalle specie alloctone e di conservare così la biodiversità degli ambienti.
Ma è proprio su questo tema che i frequentatori del Po pongono le loro obiezioni: “Il discorso della biodiversità non regge – ci hanno spiegato alcuni esperti – perché, almeno per quel che riguarda il Po, le contaminazioni da specie alloctone sono in atto già da anni. Il controsenso di questa norma è che, oltre a vietare la pesca con pesce vivo, proibisce anche l’utilizzo di pesci morti. Per quale motivo? E’ forse un discorso di “sentimento” verso il pesce? Allora di questo passo la pesca rischia di scomparire e diventerà reato. A fronte, poi, di multe salatissime che partono da un minimo di mille euro”.
Ma cosa significa pescare con un’esca viva? La pesca col vivo è una tecnica di pesca sportiva indirizzata alla cattura di predatori tramite l’uso di una esca naturale viva vertebrata, in particolare pesci vivi.
Tali pesci – ad esempio carassi o barbi spagnoli, pescati nei canali – vengono trafitti da vivi sull’amo che arma la lenza. Lo stato di ferimento e difficoltà di moto del pesce esca, nonché la sua evidente vulnerabilità, amplifica la percezione opportunistica del predatore attivando la sua funzione trofica ed ecologica, elemento che spinge un predatore ad attaccare prede in stato di difficoltà, rendendo questa esca e la conseguente tecnica tra le più redditizie in termini numerici di catture.
I pescatori obiettano inoltre diversi controsensi all’interno di questa legge. Su tutti, il fatto che dal 1993 sia in vigore una norma secondo la quale le specie alloctone pescate non vengano rimesse in acqua, e dunque vengano fatte morire.
“Alla luce di questo – aggiungono – ci chiediamo se possa esserci un modo più dolce di un altro per togliere la vita a un pesce. E’ dai tempi dei nonni dei nostri nonni che siamo abituati in questo modo, ci adegueremo alla legge ma siamo molto contrariati, così come lo sono tanti pensionati che amano trascorrere il loro tempo pescando. Questa norma penalizza e non risolve, anzi. Lungo il Po si creeranno delle differenze, visto che in Emilia Romagna è entrata in vigore, mentre in Lombardia e Veneto no. Siamo sempre allo stesso punto, il Po andrebbe considerata un’entità unica, e invece si continua a frammentarlo”.
Poi, un’ultima, amara considerazione: “In questo modo – concludono i pescatori – vogliono allontanarci dal Po. Ma siamo stati noi, negli ultimi anni, a segnalare i vari episodi di degrado lungo il fiume, siamo i primi guardiani che si accorgono di quel che succede, dai furti alla pesca di frodo. Questa normativa allontanerà molti di noi, il tutto a favore di chi continua a comportarsi in maniera abusiva”.
Andrea Vaccari per La Gazzetta di Reggio