
Dopo un lunedì quasi estivo oggi il cielo sul Piemonte risulta grigio e nuvoloso. Temperature in calo ma le previsioni parlano di lievi piogge sparse verso la Liguria e le montagne. Nulla di particolarmente significativo. Dopo le intense piogge che hanno chiuso il 2019 con i relativi problemi di esondazioni e allagamenti ci troviamo adesso con il problema opposto.
Non solo non piove ma l’inverno è passato senza che fosse mai effettivamente arrivato. Attendendo il grande freddo ci siamo ritrovati i primi, teneri fiorellini: primule, violette, polmonarie fiorite ma anche cornioli, salici e alberi da frutto in genere che con il loro sbocciare richiamano dal sonno invernale la moltitudine di api che con notevole anticipo devono iniziare il loro prezioso lavoro.
Un inverno mancato dunque, caratterizzato da carenza di pioggia e da un caldo anomalo: dal 1980 ad oggi la temperatura è aumentata mediamente di 0,45 gradi ogni decennio secondo quanto riportato dal Cnr-Isac. Per valutare la situazione e predisporre le azioni necessarie per affrontare la situazione il Segretario Generale dell’Autorità Distrettuale di Bacino del fiume Po Meuccio Berselli ha convocato per il 6 marzo prossimo la prima riunione dell’Osservatorio sulle Crisi Idriche.
Una situazione preoccupante soprattutto per la produzione agricola che da un lato teme sbalzi di temperatura che metterebbero a rischio quanto la primavera ha già messo in moto, dall’altro, se il tempo continuerà a far mancare la pioggia, presto ci si troverà ad affrontare il problema di come irrigare i campi per di più nel momento della nascita delle colture.
Uno studio del CNR pubblicato sul numero di febbraio della rivista Pnas indica però una via da seguire. Secondo questo studio condotto da Giuseppe Zappa dell’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima del Consiglio nazionale delle ricerche di Bologna (Cnr-Isac) insieme all’Università di Reading e all’Imperial College di Londra stabilizzare le concentrazioni in atmosfera di Co2 avrebbe un benefico effetto sulle precipitazioni nelle regioni a clima mediterraneo.
In genere si ipotizza che i cambiamenti nella disponibilità di acqua siano proporzionali al riscaldamento globale. Non è proprio così. Nelle regioni a clima Mediterraneo, caratterizzate da estati calde e secche, la pioggia invernale costituiva un importante momento di rifornimento idrico.
Il riscaldamento degli oceani effettivamente provocato dal cambiamento climatico porta una variazione nella circolazione atmosferica invernale che rende i climi mediterranei meno piovosi, più vulnerabili alla siccità. Ragione che ha portato queste zone ad essere definite “hot spot” del cambiamento climatico. Questa diminuzione nella quantità di pioggia avviene in modo rapido purtroppo, non così come altri cambiamenti quali l’innalzamento del livello dei mari che si manifestano in modo lento.
“Questo implica”, prosegue Zappa, “che stabilizzare le concentrazioni di gas serra avrebbe come immediata conseguenza quella di sospendere la tendenza al calo delle precipitazioni, con beneficio per le risorse idriche di quelle aree nel giro di pochi anni”.
Speriamo che queste indicazioni non rimangano inascoltate.