
Sulla motonave Stradivari, ormeggiata a Boretto, nasce la rete “Un altro Po”. Un movimento dal basso tra operatori, associazioni e persone per una gestione sostenibile del Grande Fiume.
di Francesco Nigro

Un grosso successo di partecipazione ha visto venerdì lo svolgersi della serata “Un altro Po, legalità sul Fiume Po” tenutasi a bordo dell’imbarcazione turistica Stradivari a Boretto.
Associazioni di pesca, pescaturismi, guardie volontarie, rappresentanti di enti e in generale persone da tutto l’asse fluviale e non solo, un movimento partito dal basso, dove campanilismi e rivalità sono stati messi da parte per una denuncia congiunta alla criminalità che tacitamente si starebbe spartendo un fiume sempre meno vissuto dai naturali frequentatori, allontanati da regolamentazioni soffocanti e cavillose, e alle istituzioni impotenti e lontane dai problemi del fiume e delle sue genti.
Cosa fare, ma soprattutto da dove cominciare? Diversi i dubbi, ma anche le proposte dettate da esperienza, buon senso e ispirazione a modelli europei: da muoversi verso un fiume diviso in concessioni controllate da realtà associative, a creare “uno sportello del Po” per fornire un servizio all’imprenditore, a fronte di un grosso sgravo burocratico, fino a concentrarsi sulla salute del fiume e la messa in sicurezza congiunta ad un recupero ambientale; in una serata che tuttavia non ha visto una forte partecipazione dei rappresentanti delle amministrazioni.
Ma questo già sembra un inizio, che vede una sua prima concretizzazione nella nascita di un tavolo di lavoro: segnale che si può e si vuole pensare ad “un altro Po”, non più straziato da divisioni amministrative, ma gestito nell’interesse comune.

Nasce la rete Un altro Po, una rete nata non tanto a Boretto, quanto direttamente sull’acqua del Po: per il momento un gruppo informale per avviare un processo partecipativo di costituzione di una rete di operatori fluviali per la legalità sul fiume Po e sul sistema idroviario italiano.
Intervento incisivo sul tema legalità è stato quello di Michele Valeriani, delegato del Movimento Gruppo Siluro Italia, col suo dossier sul bracconaggio e sul rilascio di licenze professionali. Valeriani mette in guardia verso il fenomeno in espansione sul Po dei pescatori lipoveni, etnia di origine russa sfuggita alle persecuzioni nel delta del Danubio in Romania e attualmente in pieno e talvolta violento scontro con autorità preposte al controllo e con l’ Istituto Nazionale per la Ricerca e lo Sviluppo del delta del Danubio, per la pratica anarchica di pesca professionale non sostenibile. Alla sua richiesta che le forze dell’ordine si muniscano nuovamente di una motovedetta è seguita la testimonianza di alcune Guardie Ecologiche su un campo di pesca abusiva attivo da anni a Luzzara e sui tagli economici che limitano gli organi di controllo, in particolare la Polizia Provinciale.

Rimane sospesa la difficile “questione alloctono”: una risorsa tabù per le amministrazioni, ma sotto gli occhi di tutti, quella che Vitaliano Daolio del Po Fishing Center, promotore e organizzatore dell’evento, definisce “ una grande offerta nazionale ed internazionale” per “una pesca dove il pesce è forte emozione”.
E se il target del Po Fishing Center sono principalmente gli italiani, il Waler-Welt di Borgoforte, non fa che ribadire il concetto del Po come risorsa turistica e volano di indotto e benessere per l’economia locale. Il centro muove un migliaio di turisti l’anno, fra svizzeri, austriaci e tedeschi, venuti esplicitamente per il grande pesce: il siluro.