
di Andrea Dal Cero*
Le terre emerse rappresentano appena il 30% dell’intera superficie terrestre. Tutto il resto è acqua.
Ma anche tutti gli esseri viventi che popolano le terre emerse sono composti in prevalenza da acqua. Nel corpo di un essere umano si ripete il rapporto idrico che esiste sulla superficie del pianeta, infatti siamo composti per il 70% da acqua (un po’ di più i giovani, qualcosa di meno gli anziani).
L’acqua è dovunque e si muove in continuazione seguendo il suo ciclo idrologico, regola ogni funzione vitale e tutti gli scambi tra organismi semplici e complessi: è quindi il fattore determinante e indispensabile per ogni forma di vita.
La quantità d’acqua presente sulla terra è un numero finito che si può calcolare ed interpretare abbastanza facilmente: nel suo ciclo senza fine, e nei vari stati fisici in cui si presenta, essa segue il suo moto perpetuo dai mari e dal suolo verso il cielo e poi nuovamente giù, da dove era venuta. Evaporazione, traspirazione, sublimazione, condensazione, precipitazione, ruscellamento, infiltrazione, sono le parole che descrivono il funzionamento di questo motore da cui dipende la nostra sopravvivenza e quella del pianeta.
La disponibilità totale di acqua nel mondo è di circa 1.386 miliardi di chilometri cubi (un chilometro cubo corrisponde a un miliardo di metri cubi), ma quasi il 97% di essa è salata. L’acqua dolce rappresenta solamente il 3% della quantità totale, ma per il 68% è cristallizzata nei ghiacci delle calotte polari e nei ghiacciai e per il 30% è intrappolata sotto terra a grandi profondità, tanto è vero che si è abituati a definirla acqua fossile.
Solamente lo 0,9% di tutta l’enorme quantità di acqua è disponibile allo stato liquido sulla superficie della terra: è con questa goccia che si è sviluppata la nostra specie ed è per questa goccia che gli uomini hanno sempre combattuto gli uni contro gli altri con sempre maggiore accanimento. Perchè la disponibilità di acqua per individuo diminuisce al crescere della popolazione umana mondiale.
Molte fonti autorevoli concordano nello stimare 100.000 anni fa la popolazione mondiale intorno alle 30.000 unità. Popolazione che cresce molto lentamente, raggiunge i sei zeri 10.000 anni fa e arriva a 160 milioni di persone al tempo di Cristo.
Fino a questo punto della nostra storia si può ragionevolmente pensare che i villaggi nascessero sulle rive dei fiumi e che le colture, con l’introduzione del concetto di agricoltura, si svolgessero nei luoghi più deputati ad avere un raccolto migliore e rapportato in maniera diretta al numero degli abitanti.
Ma nell’era cristiana gli equilibri cominciano a cambiare, dapprima lentamente e poi sempre più velocemente. Un quarto di miliardo di abitanti alla svolta dell’Anno Mille, un miliardo all’avvento della rivoluzione industriale: il condominio si affolla.
Cambiano i sistemi di produzione, le risorse ambientali sono per la prima volta piegate a fini diversi da quelli per cui erano state usate in precedenza. Prima la rivoluzione americana e poi quella francese hanno cambiato i rapporti del potere, della politica e della filosofia: non ci sono più i principi e i feudatari, non si bruciano più gli eretici, gli orizzonti si allargano e si fanno viaggi di scoperta e di conquista, si individuano nuove risorse, si ricercano materie prime, nascono le classi sociali così come le conosciamo ancora oggi.
L’industria comincia a trasformare il prodotto. Nasce l’offerta, nasce la domanda, si producono beni di consumo. E in mezzo a tutto questo, o forse proprio per questi motivi, la popolazione mondiale inizia a crescere a ritmi esponenziali. Per autodifesa, per ignoranza, per mancanza di fantasia e di aspettative, il genere umano comincia a riprodursi maggiormente proprio nei luoghi meno deputati alla vita. Nel corso del secolo scorso la popolazione mondiale aumenta di quattro volte e arriva a sei miliardi. Viene introdotta la definizione di Terzo Mondo per indicare i luoghi della terra in cui la gente stenta a sopravvivere.
Di pari passo nascono il senso di colpa di chi si fa la doccia ogni mattina e la voglia di vendetta di chi deve lottare ogni giorno per un bicchiere d’acqua.
Oggi, mentre le contraddizioni vengono al pettine, siamo aumentati di un altro miliardo e popoliamo un pianeta sporco che non riesce più a contenere le esuberanze della nostra specie.
Abbiamo umiliato il pianeta, siamo umiliati e umilianti noi stessi.
Se fossimo onesti dovremmo ammettere che non sappiamo più che pesci prendere e che non saranno la politica delle multinazionali o l’autoregolamentazione della legge del mercato a toglierci da questo impiccio.
La soluzione è altrove, probabilmente in un nuovo rapporto etico tra le nazioni e i popoli ed in un nuovo patto sociale e morale tra gli uomini.
Perchè di acqua non ce n’è più per tutti! L’abbiamo sporcata, venduta, invasata, comprata, combattuta. E persa.
*Tutta l’acqua del mondo non ci basta più – Mentre le politiche mondiali dell’acqua stentano a concretizzare i loro obiettivi stiamo arrivando al momento del non ritorno. Introduzione all’inchiesta pubblicata sul mensile La Madia Travelfood, maggio 2010.