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Lungo il Po, in un mondo stregato

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Credenze, pratiche, scongiuri, segni magici, si sono susseguiti lungo tutto il corso del Po. Quando il buio della notte rendeva invisibile l’altra sponda, e un muro di nebbia isolava la campagna circostante dal resto del mondo, si sfumavano anche i racconti, i fatti diventavano leggende, e le leggende si trasformavano in vicende reali.

È un mondo, quello popolato dalle streghe, che ha indubbiamente un certo fascino, di cui le nostre tradizioni popolari sono ricche. Fatture, magie e stregonerie erano ad esclusivo appannaggio delle donne, o loro attribuite dalla cultura dell’Inquisizione.

Contrariamente alla tradizione, le streghe delle campagne, o quelle che si ritenevano tali, non professavano culti e patti diabolici con malefizi mortali, sabba od orge demoniache, ma si limitavano per lo più a piccole magie e fatture “casalinghe” riguardanti la salute oppure i tormenti amorosi.

Si trattava in sostanza di una stregoneria spicciola, patrimonio dei ceti più poveri dai quali provenivano la maggioranza di queste donne, che applicavano antichi segreti e pratiche di dubbia efficacia. Affermavano di avere il “segno”, e questi “segni” si possono trovare ancora in uso, ma stanno scomparendo, retaggio di una conoscenza misteriosa dei secoli scorsi. I segreti venivano rivelati di generazione in generazione nelle notti di Natale o in punto di morte e venivano poi usati come mezzo di sostentamento.

La Borda

La nebbia, questo fitto muro che nasconde fantastiche creature, e che le persone hanno contribuito al diffondersi di credenze e leggende. Terre di paludi, stagni, canali, dove la nebbia in alcune giornate diviene la padrona incontrastata, ebbene, in queste terre si trova un essere mostruoso conosciuto come la “Borda”.

Una strega che appariva, durante le giornate di nebbia  emergendo dalle acque della palude, bendata e dall’orribile aspetto, e si narra che ogni forma umana che incontrasse venisse uccisa. Ma questo essere era tanto orribile quanto era grande la paura per le zone paludose, stagni e canali. Un mostro che veniva nominato dagli adulti per incutere paura ai bambini e tenerli lontani dai luoghi pericolosi.

La strega Giubiana

In terra Lombarda e Piemontese è molto popolare la “Giubiana”. Si tratta di un fantoccio, che rappresenta appunto questa strega, magra e dalle gambe lunghe che si muove di albero in albero facendo spaventare soprattutto i bambini. La tradizione della “Giubiana”, nel mondo agricolo ha un’origine molto antica, l’anno era scandito da ricorrenze periodiche, che accompagnavano i ritmi delle stagioni e che in qualche modo permettevano, di sentirsi partecipi dei cicli della natura. Attraverso feste e ricorrenze, erano quindi rivissuti simbolicamente i cicli della natura, in particolare il passaggio tra le stagioni morte e quelle del risveglio primaverile.

Nei secoli medioevali la narrazione popolare ha creato svariate leggende, è così “Giubiana”  é diventata una figura femminile, da scacciare simbolicamente insieme ai rigori dell’inverno. L’elemento più caratterizzante della festa è rimasto il grande falò, che ancor oggi è percepito come un simbolo di rinnovamento e di ripartenza del nuovo anno.

Le streghe del Ticino

Si narra che in tempi non molto antichi, presso le rive del fiume Ticino, alcune donne e uomini praticassero riti pagani, riti satanici ed esoterici. Ebbene, poco distante dalla frazione Bucella a Vigevano, sorge una zona chiamata “Ramo delle Streghe”.

Una piccola parte del Ticino che si snoda fuori dal corso principale, un ramo del fiume conosciuto dai pescatori per le sue acque basse e ricche di pesci. Si narra che una notte di luna piena, un sabato, alcune donne si incontrarono proprio in questo luogo per eseguire un rito di purificazione verso una delle loro compagne, affetta da una strana forma di possessione.

Pronte a inneggiare gli antichi testi ancora scritti dai celti, le donne, illuminate solo dalla luna, si ritrovarono a dover combattere il demonio stesso. La donna posseduta si trasformò in un enorme alga che prese con se tutte le altre donne, portandole sul fondo del ramo del fiume e affogandole. Ancora oggi una gran parte del “ramo delle streghe” è coperto da alghe che sembrano capelli di donna, proprio a ricordare quella fantomatica notte di luna piena.

A Casottole frazione di Torre d’Isola a pochi chilometri da Pavia, esiste ancora un campo chiamato “campo delle streghe”. Il nome ricorda il tempo in cui tanto era il timore popolare rispetto a coloro che praticavano la magia. Forse il luogo fu legato in qualche modo a pratiche magiche, ancora prima che la religione cristiana si imponesse. Certo il nome evoca “sabba” e riti diabolici, con tutto il corredo di cavalcate sulla scopa.

Le streghe di Varzi

Streghe ci sono state (stabilito dalla S. Inquisizione) che di santo aveva ben poco, anche a Varzi (PV) ridente località collinare lungo il torrente Staffora, affluente del Po, borgo famoso per il suo  salame.

Lo scrittore e storico Fiorenzo Debattisti ha riscoperto negli archivi locali proprio la vicenda delle streghe, che risale al 1464, quando 25 donne e un numero imprecisato di uomini, furono condannati al rogo dall’Inquisizione (condotta probabilmente da un domenicano) e poi bruciate in piazza (forse davanti all’attuale Municipio) con l’accusa di eresia e stregoneria.

Una fu accusata di aver cotto i cinque figli “con il foco”. L’abate Fabrizio Malaspina, ricostruendo le vicende della sua famiglia, aveva citato questo episodio delle streghe, che è stato poi ripreso dallo storico piacentino Cristoforo Poggiali, e infine riportato alla luce proprio da Debattisti. Non a caso il torrione è ancora conosciuto come: “La torre delle streghe”.