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Le spiagge sul Po di cent’anni fa, quando a Torino c’era (quasi) il mare

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spiagge sul po a torino

Le spiagge sul Po della Torino di cent’anni fa rispecchiano il tempo in cui il fiume era davvero parte della vita della città. Ormai da molti decenni è vietato fare il bagno: l’amministrazione comunale sta pensando al modo per rimediare e vorrebbe almeno aprire stabilimenti balneari in centro per prendere il sole. Ma negli Anni 20 e 30 del Novecento, a Torino il bagno in Po lo si faceva eccome e la gente si accalcava sulle spiagge lungo il fiume. Un filmato del 1929 mostra folle che ora risultano concepibili solo al mare: ragazzi soprattutto, ma anche donne. Mostra inoltre un lido torinese attrezzato di tutto punto: uno scivolo quasi da acquapark per tuffarsi nel Po, un grande attrezzo ginnico con corde e pertiche, le docce, un locale per le danze.

Le immagini dell’Istituto Luce datate 1929 sono senza sonoro. Sono state girate in settembre, dice la didascalia. Chissà quanta più gente in luglio e agosto, al culmine del caldo e dell’estate.

L’Istituto Luce non specifica a quale dei lidi di Torino si riferisca il filmato. A quell’epoca erano numerosi: oltre al “Lido Barbaroux”, che compare nella foto di copertina, in città c’erano anche il “Savoia Bagni”, il “Diana”, il “Meirano”… Le loro immagini sono spuntate non solo da archivi e album di famiglia, ma anche dalle lastre fotografiche che un ignoto fotografo di strada aveva nascosto tra le fenditure di un arco monumentale poco lontano dal fiume. Dal fortuito ritrovamento è nato un libro, intitolato appunto “Savoia Bagni”; autore, Dino Ramella.

Tuttavia la vita balneare di Torino è iniziata nel 1830, quando sono comparsi i “bagni natanti”. In pratica, si trattava di zatteroni ancorati alle rive. I primi furono ai Molini della Rocca, nella zona dell’attuale ponte Umberto I, e attorno all’isolotto del Meisino, vicino al ponte di Sassi. Un vero e proprio stabilimento balneare venne aperto nel 1851: era di un certo Guglielmo Biestra e si trovava più o meno all’altezza del castello del Valentino.

Risale alla metà dell’Ottocento anche il regolamento relativo alle spiagge lungo il Po. Prescritti spazi separati per donne e uomini: questi ultimi dovevano indossare mutande almeno fino al ginocchio. Necessarie inoltre recinzioni e teli per impedire ai passanti di vedere i bagnanti nonché l’illuminazione serale; chiusura entro le 22.

Gli stabilimenti balneari di Torino hanno imboccato il viale del tramonto quando, nel dopoguerra, hanno cominciato a fioccare le ordinanze comunali che tuttora proibiscono di bagnarsi nel fiume. Motivo, l’inquinamento. L’ultima a cedere è stata una spiaggia del torrente Sangone, ai margini della città, alla quale si poteva arrivare dal centro col tram 41. La si frequentava ancora nei primissimi Anni 60 e il cantautore torinese Gipo Farassino le ha dedicato il “Sangon Blues”. Le immagini di quel periodo mostrano un contesto assai più casereccio e popolare rispetto al “Lido Barbaroux” o al filmato del 1929. Qui sotto ce ne sono alcune.

Ora esiste un solo luogo nel quale i torinesi possono, se non fare il bagno, almeno prendere il sole accanto al fiume. E’ la spiaggia del Meisino, tenuta pulita grazie al lavoro volontario di un pensionato e situata alla confluenza fra Po e Stura, poco fuori dalla città. In quella zona si trovava anche uno dei primi “bagni natanti” ottocenteschi. Tuffarsi però non si può. Anche se l’amministrazione comunale vuole aprire spiagge sul Po in centro, presumibilmente con sabbia di riporto, per rendere balneabile il fiume serve “un lavoro di medio periodo”. Bisogna intervenire su scarichi ed impianti di depurazione: eppure Torino si trova ad appena 80 chilometri dalle sorgenti.

Foto di copertina