
C’è un Italia che non crede a siccità, crisi idrica e agonia del Po. O almeno, che non ammette la straordinaria gravità della situazione. Eppure il fiume è ai minimi termini da un anno e mezzo e non accenna a riprendersi: in tutto questo tempo pioggia e neve sono scese col contagocce, soprattutto sul suo bacino e in Italia settentrionale.
Riconoscere la realtà dei fatti non significa appoggiare il contestabile decreto siccità del Governo. La cura può ben essere errata anche quando la diagnosi è esatta. Tuttavia le esternazioni più frequenti sui social non riguardano questo aspetto ma la negazione della crisi idrica in sé. La siccità diventa un’arma di distrazione di massa o un’invenzione che prepara la privatizzazione dell’acqua. La quale, peraltro, non è più pubblica da un pezzo. Negli ultimissimi giorni è piovuto un po’, ma ci vorrebbero mesi di pioggia abbondante per colmare il deficit. Invece si sentenzia che la siccità sta venendo giù a dirotto e non esiste più: serve invece l’arca di Noè. Su affermazioni di questo genere sembra di vedere in sovrimpressione la scritta: i giornali e la tv mentono.
I grandi media sono effettivamente in grado di stiracchiare i fatti fino a rompergli le ossa: ma in questo caso i fatti parlano da soli. La crisi idrica è riassunta nei dati e nelle immagini che seguono. Riguardano la pioggia e la neve cadute dal settembre 2022.
La prima immagine, quella qui sotto, descrive le anomalie delle precipitazioni in Italia fra il settembre 2022 e il marzo 2023. L’ha pubblicata Hydrology, che fa capo al CNR, il Consiglio Nazionale delle Ricerche. Il nero e il rosso evidenziano i luoghi in cui la pioggia è stata particolarmente ridotta rispetto alla media. Notare che sull’Italia settentrionale, e in particolare sul Nord Ovest, ha cominciato a piovere pochissimo da ben prima del settembre 2022: addirittura dall’autunno 2021.
La nosta mappa di anomalia di pioggia pubblicata da #will_ita
Su #Instagram
“Non basta un temporale per risolvere la siccità”…certamente!https://t.co/aydWHvvHfI pic.twitter.com/GOSTxyg3mT— Hydrology IRPI-CNR (@Hydrology_IRPI) April 11, 2023
Ed ecco la seconda immagine che illustra la gravità della situazione. Riguarda la quantità di neve presente sulle Alpi nel bacino del Po a partire dal settembre 2022 e fino agli ultimi giorni di marzo. Ce n’è ancor meno che un anno fa. La fusione lenta della neve alimenta il fiume ed evita che si riduca ad un torrente, come è accaduto nel giugno scorso. Il bis potrebbe arrivare addirittura con qualche giorno di anticipo. In base ai dati raccolti da Cima, la situazione è analoga per altri fiumi italiani.
Infine l’album fotografico qui sotto, da Facebook, mostra come sono secche le aree verdi di Torino, la culla del Po. L’erba non riesce a spuntare: e siamo in aprile, il mese che secondo il proverbio ogni giorno un barile.
L’album è di martedì scorso: nei giorni successivi in città – al contrario che in altre zone del Nord – la pioggia complessivamente ha latitato. Durante gli ultimi 17 mesi, Torino ha ricevuto meno di un terzo delle precipitazioni abituali.
La situazione è tragica e il decreto siccità con il quale il Governo intende affrontarla costituisce una tragedia nella tragedia. Invece di alleggerire la pressione umana sulle risorse naturali, mira a far sì che ancor più acqua diventi sfruttabile. Ha due ingredienti: nuove infrastrutture e poteri di tipo emergenziale.
In estremissima sintesi, il decreto prevede una cabina di regia ed un commissario: quest’ultimo è ancora da nominare. Dovranno individuare le infrastrutture più importanti e far sì che vengano realizzate rapidamente.
Il commissario potrà adottare provvedimenti urgenti, mentre alla cabina di regia fa capo un meccanismo di “superamento del dissenso” per attuare comunque i provvedimenti che incontrano opposizione o che vanno a rilento. Il decreto inoltre accende il semaforo verde agli impianti di dissalazione, una presunta soluzione che aggrava il male. Infatti i dissalatori inquinano, consumano energia e producono acqua decisamente cara.
Non una parola sulla salvaguardia degli ecosistemi, che pure sono provati almeno quanto il Po. Il decreto ignora anche la necessità di rendere l’agricoltura – la grande sanguisuga del fiume – meno dipendente dall’irrigazione.
L’immagine di copertina è generica