
Rinaturazione del Po, i dati di fatto non giustificano minimamente il cancan che è avvenuto in questi giorni. Però il cancan c’è stato. Di conseguenza il progetto rischia di naufragare a causa dell’opposizione degli agricoltori, ora sostanzialmente recepita dal ministro dell’Ambiente che ha acceso un semaforo giallo. Non ha detto che la rinaturazione non si fa più. Però i primi cantieri dovranno riguardare aree “che non hanno mostrato criticità”. Non risulta che, in base ai progetti attuali, aree del genere siano dotate di sufficiente consistenza. Magari si finirà per rivedere tutto, rimandandolo alle calende greche. Effettivamente il ministro ha accennato ad una “rivisitazione” della rinaturazione.
Tutto questo è avvenuto perché contadini e pioppicoltori hanno strillato così forte, paventando l’esproprio di decine di migliaia di ettari, che si sono fatti sentire fino a Roma. L’estensione delle aree oggetto di esproprio non è immediatamente deducibile dagli elaborati relativi alla rinaturazione. Però una cosa è chiara. Innanzitutto, gli interventi sul terreno – e non sull’assetto fiume – riguardano complessivamente meno di 2 mila ettari: non decine di migliaia. E poi, soprattutto, questi 2 mila ettari solo in parte sono coltivati. Dedurre dal conto sabbie, ghiaioni e tutto ciò che di non arabile si trova a fianco del Po. Secondo i calcoli del Wwf, gli espropri assommano ad appena 200 ettari.
Il dato sugli ettari oggetti di rinaturazione – 2 mila scarsi, appunto, di cui le aree coltivate non possono che costituire un modesto sottoinsieme – è in una tabella del programma d’azione. Quest’ultimo è pubblicato sul sito internet dell’Autorità di bacino. Parla di rimboschimenti su 1.069 ettari e di riapertura delle lanche, che sono gli acquitrini naturali, per altri 684 ettari.
Anche se la rinaturazione si estende solo su 2 mila ettari solo in modesta parte coltivati, le proteste hanno montato la panna fino a parlare di 7 mila ettari di soli pioppeti sui quali penderebbe l’esproprio e di 28 mila ettari agricoli a rischio. Questo ultimo numero è riconducibile ai 27.800 ettari che costituiscono l’area complessiva attorno al Po entro la quale sono inserite le modeste zone effettivamente avviate ad una rinaturazione. L’area entro la quale è inserita la rinaturazione: non l’area della rinaturazione.
I 200 ettari di espropri calcolati dal Wwf equivalgono al suolo cementificato in Italia nel giro di soli 11 giorni. Secondo l’ultimo rapporto dell’Ispra, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale che fa capo al Governo, in Italia il consumo di suolo avviene infatti al ritmo di due metri quadrati al secondo. I 2 mila ettari scarsi, incolti massimamente compresi, sui quali ricadono gli interventi di rinaturazione corrispondono al suolo cementificato in Italia in meno di quattro mesi. Non risulta che le associazioni degli agricoltori strillino così forte per le tutte queste estensioni di terreni che la cementificazione sottrae alle loro attività.
Fra i documenti ufficiali relativi ai progetti per la rinaturazione del Po, merita dare un’occhiata alle schede relative ai 56 interventi previsti entro il 2026 per l’intera rinaturazione: salvo ovviamente la revisione di cui ora si parla. Complessivamente riguardano 36 chilometri del fiume.
Stringi stringi, in quei tratti sono previsti la lotta alla vegetazione alloctona invasiva, che sta scacciando quella da sempre presente; alcuni rimboschimenti sulle rive; e l’abbassamento dei cosiddetti pennelli di navigazione. I pennelli, costruiti negli Anni 60, sono come denti di un pettine protesi dalle sponde verso il centro del fiume. Hanno lo scopo di deviare la corrente, così da indurla a scavare un profondo canale navigabile. Il loro effetto collaterale è la scomparsa delle lanche, gli acquitrini naturali: il cui ripristino è appunto previsto in parte delle aree oggetto di rinaturazione. Nelle schede, ciascun intervento è corredato da una cartina che mostra l’effettiva – e piccola – estensione di rimboschimenti e lanche. Sono le sole zone in cui le aree ora coltivabili, e di modesta estensione, non sarebbero più tali.
Generalmente le modeste aree coltivate sono già di proprietà pubblica – il cosiddetto demanio fluviale – ma date in concessione a privati. Anche questo è deducibile dalle schede. Gli espropri di cui parlano le organizzazioni di categoria degli agricoltori in realtà spesso consistono nella revoca di queste concessioni.
Dei 56 interventi su 36 chilometri del fiume previsti dalla rinaturazione, alcuni – su 13 chilometri – sarebbero da realizzare entro il 2024. Ad essi, concretamente, si riferisce il semaforo giallo del ministro e l’indicazione di aprire solo i cantieri non conflittuali. L’elenco di queste aree, e i relativi progetti, va scaricato dal sito dell’Aipo sotto forma di cartella Zip contenente vari documenti. Non ha nemmeno un link: bisogna cercare “Elaborati generali – stralcio prioritario” nella sezione del sito dedicata alla rinaturazione. Si tratta comunque di interventi da realizzare attorno ai comuni di Morano Po, Bassignana (tutti e due in provincia di Alessandria), Motta Baluffi (Parma), Brescello (Reggio Emilia), Viadana (Cremona).
La rinaturazione del Po è inserita nel Pnrr, il Piano nazionale di ripresa e resilienza varato nel 2020. Il Pnrr lo finanzia con 357 milioni sui 119,5 miliardi di progetti complessivi. L’erogazione di buona parte dei fondi discende dall’Unione Europea. Tutti quanti i fondi – compresi quelli che non c’entrano col Po – sono subordinati al rispetto di una sorta di tabella di marcia complessiva nella quale è inserita anche la rinaturazione, entro il 2024, di 13 chilometri di corso del Po.