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Presentato al Big Jump il monitoraggio delle microplastiche nei fiumi

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Sabato scorso Legambiente ha reso noti i risultati del primo monitoraggio a livello nazionale delle microplastiche nei fiumi e dei rifiuti lungo le sponde. L’indagine – in collaborazione con ENEA – è stata avviata nell’ambito del progetto Zero plastica in mare realizzato grazie a BNL Gruppo BNP Paribas. Monitorati 4 corsi d’acqua, Volturno, Lambro, Tevere e Isonzo con lo scopo di recuperare 15 tonnellate di plastica.

In questo caso il campionamento è avvenuto da stazioni fisse (ponti) utilizzando la “manta”, ossia una rete costituita da un corpo metallico, costruito appositamente per rimanere sulla superficie dell’acqua, da cui si diparte il cono di rete a maglia ultrafine da 300 micrometri e un bicchiere raccoglitore finale. Questa rete permette di filtrare grandi volumi d’acqua (misurati attraverso un flussimetro), trattenendo il materiale solido, che si accumula nel bicchiere finale dal quale viene poi recuperato. I risultati peggiori sono stati riscontrati nel Tevere con una densità di 1,14 microparticelle/m3, i dati migliori sono invece riferiti all’Isonzo, in provincia di Sondrio, con 0,02 microparticelle su m3.

Legambiente manifesta preoccupazione per altri 7 fiumi monitorati a livello di rifiuti recuperati sulle rive e tra questi non poteva mancare anche il Po, insieme al Panaro, al Piacentino, del Noncello e del Tagliamento (in Friuli Venezia Giulia), del Tevere (sponda laziale e umbra) e dell’Esino (nella Marche). Qui su un’area campionata totale di circa 27600 mq sono stati trovati 5892 rifiuti, con una media di 589 rifiuti ogni 100 metri lineari e ancora una volta la plastica (76%) si conferma il materiale più trovato seguita, a lunga distanza, da vetro/ceramica (6%), metallo (6%), carta/cartone (5,8%), tessili (3,8%), gomma (1,1%). Il restante 1,1% è costituito da legno trattato, materiale COVID, oggetti in materiali misti, prodotti chimici/sintetici, bioplastiche, rifiuti da cibo. Tra i rifiuti più dispersi (e in questo caso – fortunatamente – ritrovati) abbiamo le salviettine umidificate in TNT (17%), i frammenti di plastica (14%) seguiti da quelli in polistirolo (10%), mozziconi di sigarette (9%) e per finire bottiglie e contenitori per bevande in plastica (6%).

I dati che emergono dai nostri monitoraggi – spiega Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambienteci dimostrano ancora una volta l’importanza e l’urgenza di tenere alta l’attenzione anche sui fiumi e sui corsi d’acqua, su cui pesa sempre di più anche il problema dell’inquinamento da microplastiche e dei rifiuti abbandonati lungo le sponde”.

I dati del monitoraggio sono stati resi noti in occasione del Big jump che si è svolto domenica 11 luglio, nel primissimo pomeriggio, e questo in contemporanea anche in altre nazioni europee grazie all’iniziativa dell’European Rivers Network. Scopo? Chiedere una seria e concreta politica di tutela dei corsi d’acqua. Il Big jump è un evento molto sentito dalle sedi regionali piemontesi di Legambiente. Lo scorso anno il tuffo venne organizzato solo nella nostra regione e per l’edizione 2021, il Piemonte è stato tra le regioni con il calendario di tuffi più consistente, con eventi dalla Val Pellice a Casale Monferrato.

Sarà che estate chiama acqua: non solo il Big jump ha visto i risultati del monitoraggio di Zero plastica in mare ma recentemente sono arrivati anche i risultati della Goletta dei Laghi. “Come testimoniano i dati di Arpa Piemonte, della Regione e quelli di Goletta dei Laghi che abbiamo appena pubblicato, il raggiungimento dell’obiettivo di buono stato ecologico nella totalità delle acque dei corsi d’acqua del Piemonte è ancora lontano – afferma Alice De Marco, direttrice di Legambiente Piemonte e Valle d’Aostail 37% delle acque superficiali piemontesi sia in classe Sufficiente, mentre il 16% nelle classi Scarso e Cattivo. È necessaria un’accelerazione decisa, è necessario adottare piani per ridurre i prelievi e i carichi inquinanti, rispettando il deflusso minimo vitale delle acque e ricorrendo anche a misure come la riqualificazione e la rinaturalizzazione delle sponde rendendo i fiumi sempre più veri corridoi ecologici naturali”.