
Guastalla: sgominata una banda dell’Est Europa che agiva tra Rovigo e Adria
Nuovo colpo assestato ai cosiddetti “pirati del Po”, i malviventi provenienti dall’est Europa che da tempo hanno preso d’assalto le rive del grande fiume rubando motori e pescando di frodo. Dopo i cinque fermi eseguiti il 9 febbraio a Milano a carico dei moldavi resisi protagonisti del furto di otto motori marini in Veneto, sono proseguiti gli accertamenti di polizia giudiziaria che hanno consentito di far emergere l’articolato sistema criminale attuato dai cinque fermati e da altri quattro soggetti: un rumeno, due ucraini e un altro moldavo. Dopo mesi di articolate indagini la squadra mobile di Rovigo e i carabinieri di Adria hanno sgominato definitivamente una spregiudicata organizzazione criminale resasi protagonista di numerosi furti di motori marini sul Delta del Po e non solo. Le indagini sul territorio hanno così permesso nel giro di alcuni mesi di ricostruire nel dettaglio il complesso sistema che ruotava attorno alla ben organizzata batteria di criminali dell’est Europa specializzati nel furto seriale di motori marini che venivano poi portati all’estero al fine di ostacolarne così la rintracciabilità. Decine, complessivamente i furti perpetrati a Porto Tolle ma anche in Versilia ed in provincia di Udine (con bottini per decine di migliaia di euro); ma non si può escludere che la banda avesse allungato i propri tentacoli fino al Reggiano e al Mantovano, zone che da anni sono colpite da questa piaga. Diversi i capi di imputazione contestati ai nove indagati, di cui sette in carcere (cinque dei quali ancora in carcerazione preventiva dopo il fermo di febbraio), uno a piede libero e un altro componente della banda, invece, attualmente all’estero e quindi tuttora ricercato. Questi arresti evidenziano con ancora maggiore chiarezza quanto sia complesso il quadro criminale organizzatosi sull’asse del Po. Dalle nostre parti, negli ultimi tempi, si è parlato molto dei “pirati” ungheresi, che oltre a rubare i motori sono specializzati nella pesca illegale al siluro, attraverso l’utilizzo dell’elettrostorditore. Blitz notturni, con tanto di minacce ai pescatori del luogo, che non sono mai stati confermati da indagini vere e proprie. Una situazione che ha portato i pescatori autoctoni a stare sul “chi vive”. Secondo le indiscrezioni i famigerati ungheresi sarebbero per lo più ex militari dell’est Europa che arrivano in Italia con il solo scopo di guadagnare, in barba alla legge. I moldavi, invece, non corrispondono a questo identikit. Gli arrestati non hanno più di trent’anni ed erano interessati soprattutto ai motori, non tanto al pesce. Queste bande – con accordi più o meno taciti – si sono suddivise il fiume, lo hanno lottizzato e agiscono nelle rispettive zone d’influenza, a seconda delle proprie competenze. Ora, l’auspicio è che questo tipo di operazioni di polizia possano avvenire con successo anche nella nostra provincia. Dalla Gazzetta di Reggio a firma di Andrea Vaccari