Home Emilia Romagna Petrolio di Cortemaggiore. Quando le rive del Po sembravano un’Arabia Saudita

Petrolio di Cortemaggiore. Quando le rive del Po sembravano un’Arabia Saudita

794
0
CONDIVIDI
petrolio a cortemaggiore

Il petrolio di Cortemaggiore è una storia quasi dimenticata dell’Italia del dopoguerra. Il paese a un tiro di sasso dal Po, in provincia di Piacenza, sembrava allora essere diventato un’Arabia Saudita. Fu effettivamente quasi tale – ma soltanto quasi – per circa un decennio, prima che il giacimento cominciasse ad esaurirsi.

Oggi, tutto il petrolio estratto a Cortemaggiore nell’arco di molti anni soddisferebbe il fabbisogno dell’Italia solo per pochi giorni. Allora, averlo sembrava un miracolo e la sua scoperta è anzi stata una parte del cosiddetto miracolo economico italiano. La benzina Supercortemaggiore che se ne ricavava era il simbolo di quell’epoca. La commercializzava l’AGIP, l’Azienda Generale Italiana Petroli di proprietà statale.

Sul finire degli Anni 40, quando il miracolo economico stava per iniziare, Cortemaggiore contava circa 5.500 abitanti: un migliaio in più rispetto ad ora. Alla guida dell’AGIP – la futura ENI, Ente Nazionale Idrocarburi – c’era Enrico Mattei. Era l’uomo che ha osato sfidare il dominio statunitense sulla produzione del petrolio.

Come ricostruisce un documento dei più anziani dipendenti ENI, nei primi anni del dopoguerra attorno a Cortemaggiore l’AGIP ha trovato innanzitutto il metano. Allora non era tenuto in gran conto: Mattei ha comunque promosso testardamente la costruzione dei metanodotti indispensabili per utilizzarlo. Si desiderava però il petrolio, più pregiato e di più facile impiego. Ecco come un cinegiornale dell’Istituto Luce datato novembre 1948 descrive le promettenti ricerche a Cortemaggiore.

E’ difficile trovare informazioni dettagliate sugli eventi di quegli anni. Si può fare affidamento sulla rievocazione effettuata dal Comune di Besenzone, che confina con Cortemaggiore, nell’ambito di un documento dedicato alla descrizione del territorio e alla sua storia. Vi si legge che i primi indizi della presenza di petrolio sono emersi grazie a due pozzi scavati nella stessa Besenzone fra l’ottobre del 1948 e il gennaio del 1949. Il giacimento era noto come “Cortemaggiore”. Come venne stabilito in seguito, era lungo 12 chilometri, largo 3 e si trovava a circa 1500 metri di profondità. All’inizio era in grado di fornire ogni giorno 2,5 milioni di metri cubi di gas e 200 tonnellate di petrolio.

Le 200 tonnellate di petrolio al giorno del primo giacimento entrato in produzione a Cortemaggiore equivalgono grossomodo a 1.368 barili: l’unità di misura che ora siamo abituati ad usare. Non si trattava certo di una quantità considerevole ma – rispetto ai bisogni di allora – non era nemmeno da buttar via. Inoltre nel 1952, sempre vicino a Cortemaggiore, è stato scoperto anche un secondo giacimento, a 1.945 metri di profondità. Ulteriori scoperte sono avvenute in seguito nei dintorni. Così, grazie al petrolio e al gas della Pianura Padana, fra il 1950 ed il 1960 l’Italia era in grado di produrre il 37-41% del suo fabbisogno di combustibili fossili.

Un documentario prodotto nel 1954 dall’ENI, che nel frattempo aveva assorbito l’AGIP, testimonia l’entusiasmo che accompagnava in quegli anni il petrolio di Cortemaggiore. E’ qui sotto: dura appena 11 minuti.

Salta immediatamente agli occhi che il documentario dell’ENI omette accuratamente i risvolti negativi del gas e del petrolio a Cortemaggiore. Magari non si può pretendere che parlasse della subsidenza dovuta allo sfruttamento dei giacimenti nella Pianura Padana: nel delta del Po, il suolo si è abbassato di due metri e più in una manciata di anni. Tuttavia in quel 1954 del documentario ENI era fresca la memoria dei pozzi di petrolio esplosi a Cortemaggiore nel 1949 e nel 1950. Il filmato non ne parla. Non solo: magnifica il pozzo 18, proprio uno di quelli che erano andati a fuoco. L’incendio del pozzo 18 è durato per 24 giorni, e poco dopo per 67 giorni è bruciato il pozzo 21: l’incidente più grave. Però, anche se pecca di incompletezza, il documentario rende lo spirito dell’epoca.

Il miracolo del petrolio a Cortemaggiore è durato quanto il miracolo economico italiano. Anche se il paese accanto al Po sembrava quasi essere diventata un’Arabia Saudita, i giacimenti in realtà erano piuttosto modesti e si sono esauriti rapidamente. Con gli Anni 60 la produzione ha iniziato a declinare in modo via via più brusco. Le ultimissime gocce sono state estratte nel 1996, cioè 48 anni dopo la scoperta.

Complessivamente, in quei 48 anni il giacimento di Cortemaggiore ha fruttato 7 milioni 726 mila barili di petrolio e 13,9 miliardi di metri cubi di gas. Per fare un confronto, nel 2022 – sono tempi certo ben diversi da quelli del miracolo economico – l’Italia ha consumato circa 58,4 milioni di tonnellate di prodotti petroliferi, pari a circa 400 milioni di barili. Ha consumato anche 68,5 miliardi di metri cubi di gas. Significa che, ai giorni nostri, tutto il petrolio estratto in 48 anni a Cortemaggiore soddisferebbe il fabbisogno nazionale all’incirca per una settimana; il gas, per poco più di due mesi.

Foto