
E’ vicino l’anniversario tondo della Nena, ultima traghettatrice del Po. Fra pochi giorni saranno passati 110 anni esatti dalla nascita della donna che fino agli Anni 70 ha trasportato persone e cose fra le due sponde del fiume nella zona di Salvatonica (Ferrara) e Ficarolo (Rovigo), dove non c’erano ponti. La motorizzazione di massa e il miglioramento della rete viaria hanno poi cancellato la ragion d’essere del suo mestiere. Porta tuttora il suo nome un battello turistico che naviga sul Po nel Ferrarese.
La Nena, all’anagrafe Nazarena Casini, è nata il 24 settembre 1913 a Salvatonica, frazione di Bondeno. E’ diventata traghettatrice e pescatrice quando era molto giovane, per sostentare la famiglia in sostituzione del padre malato. Morti i genitori, è vissuta solitaria ed isolata in una modestissima abitazione in riva al fiume.
Il ricordo è ben vivo nella memoria delle persone che, in quella zona, hanno passato i 60 anni. Costoro tratteggiano la Nena come una figura mitica e unica. Una donna con una forza fisica incredibile che viveva in totale simbiosi con il Po e che faceva un mestiere da uomo in un’epoca in cui questo era un fatto assolutamente fuori dell’ordinario.
Tutte le foto che seguono e quella di copertina sono di Marco Caselli Nirmal. Le ha scattate nel 1980, quando il Centro Etnografico Ferrarese ha provveduto a documentare l’attività dell’ultima traghettatrice del Po. E’ andato a trovarla nella sua casupola “che era vicino alla Rocca Possente”, l’antica fortificazione di Stellata, frazione di Bondeno, dalla quale un tempo si controllava la navigazione sul fiume.
A quell’epoca la Nena era ormai anziana (è poi morta nel gennaio 1986) e la ragion d’essere del suo lavoro di traghettatrice le era già svanita fra le dita. Però continuava a pescare e dunque a vivere con il fiume e grazie al fiume. Un clic per ingrandire e sfogliare le immagini.
La Nena era trasandata e brusca ed aveva modi “apparentemente intrattabili”, come riferisce Gian Paolo Borghi, che nel 1980 ha partecipato all’intervista della Nena effettuata insieme alle fotografie. Eppure era “amatissima dalla gente”. Si può cercare di indovinarne il motivo.
Da un lato, la presenza sua e del traghetto che consentiva di attraversare il Po era una delle certezze della vita, come l’acqua del fiume e come la terra della riva. Dall’altro, la Nena sarà stata anche scorbutica: ma non doveva certo avere il cuore di pietra.
Basta guardare i cagnolini che sono nelle foto e che la accompagnavano sempre. I cani non sbagliano a cogliere l’anima delle persone. Possono anche seguire un padrone che temono e del quale diffidano: ma in questo caso non hanno l’atteggiamento che traspare dalle immagini.
La Nena traghettava persone e cose da una sponda all’altra del Po con il sole e con la pioggia, con il vento e con la neve. Per fare più in fretta, sceglieva un punto in cui il fiume era stretto, anche se la corrente era più forte e quindi remare era come pedalare in salita. La traversata del Po sulla sua imbarcazione “durava 10-15 minuti, sempre che il tempo fosse bello”, come ricorda Gian Paolo Borghi.
Oltre che traghettando persone e cose, la Nena si guadagnava da vivere pescando. “Chi ha almeno 60 anni la ricorda col suo scooter sulla strada dell’argine, mentre trasportava la cassetta di pesce”, rievoca Borghi. La consegnava spesso al ristorante Tassi: quello in cui – si narra – fu cucinato e servito l’ultimo grande storione pescato nel Po.
Sebbene progressivamente malato di inquinamento, il Po era allora “in buone condizioni”, come dice Borghi. La Nena pescava principalmente con il bilancino e con le canne che compaiono nelle foto. Catturava orate, anguille, pesci gatto neri: a volte perfino lucci. Pesci che ormai in Po bisogna cercare col lanternino e che fanno parte del passato del fiume: come la Nena, l’ultima e mitica traghettatrice.