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Il coronavirus è nella Valle Padana

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Domani è lunedì. E oggi, mentre scrivo queste righe, nessuno sa che tipo di giornata sarà.

Il Coronavirus impazza per la Pianura Padana da Torino a Venezia, e tutti noi siamo più che giustificatamente impauriti per quello che ci succede e, ancor più, per quello che potrebbe succederci.

In questo difficile momento non  abbiamo più riferimenti sicuri. Abbiamo come perso l’orientamento tra le nostre abitudini consolidate e i cambiamenti che questa situazione d’emergenza potrebbe imporci da un momento all’altro.

Guardiamo gli altri con diffidenza avendo sempre nelle orecchie le parole più spiacevoli che ci rimangono abbarbicate nella parte più dolorosa del cervello.  Cerchiamo di individuare la minaccia frustrati dal fatto che, anche incontrandola, non la riconosceremo.

C’è poco da fare:  siamo messi proprio così.

A questo punto non ci rimane che domandarci cosa possiamo fare anche se, a guardar bene, non è che sia poi molto.

Siamo obbligati a dare fiducia al governo centrale e alle amministrazioni locali. Per molti di noi è un’esperienza nuova e quasi impensabile. Ma non abbiamo alternative valide.

Difendendo quello che di umano è in ognuno di noi, difenderemo anche tutti gli altri e gli altrui valori.

Non ci sono untori, esistono soltanto comportamenti poco intelligenti e nocivi per tutta la comunità.

Quando questa storia sarà finita troveremo il tempo e la voglia per chiederci davvero che cosa l’abbia scatenata. Forse avremo anche l’opportunità di domandarci in quale modo potremmo veramente vivere meglio su questa terra che siamo costretti a condividere con popoli molto diversi e lontani da noi.

Ma questo è il momento di concentrarci su noi stessi e la nostra quotidianità. Di essere vigili e razionali. Perché domani è lunedì, e nessuno sa che tipo di giornata sarà.