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La stupenda fontana della Secchia e del Panaro

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la fontana del Graziosi dedicata ai fiumi modenesi Secchia e Panaro

La suggestiva opera di Giuseppe Graziosi dedicata ai due principali fiumi modenesi che sfociano nel Po.

di Gian Luigi Casalgrandi

Per un modenese di pianura come me, questi giorni di caldo (a mio parere normale e non catastrofico come ce la raccontano) sapere che il territorio è attraversato da due fiumi, oltre a farmi fare (fin da bambino) un curioso parallelo con il Tigri e l’Eufrate, mi fa pensare che siamo fortunati perché i due corsi d’acqua che lambiscono l’antica Mutina, costituiscono una importante riserva d’acqua per gli abitanti e le attività agricole del posto. Alla Secchia e al Panaro negli anni Trenta del ‘900 il podestà di Modena Guido Sandonnino, tra le opere progettate per riqualificare il centro  urbano, fece costruire alcune fontane pubbliche disegnate da Giuseppe Graziosi, artista di fama nazionale e che aveva conservato un forte legame con Modena.

La più importante di queste è l’elegante “Fontana dei due fiumi” ammirabile ancora oggi in Largo Garibaldi. L’opera, inaugurata il 25 luglio del 1938 in concomitanza col nuovo acquedotto, sbalordì  per giochi d’ acqua, la suggestiva illuminazione e i due imponenti bronzi rappresentanti i maggiori fiumi modenesi, la Secchia e il Panaro, opere realizzate dal Graziosi. L’artista disegnò anche la serie di vasche circolari in travertino, che completano la fontana, seguendo il moderno gusto razionalista di quel periodo.

Il Panaro, rivolto verso Bologna (est), raffigura un giovane forte (da modello posò l’atleta Suffritti) che versa acqua da un otre, tenendo nella mano destra un ramo d’albero.

La Secchia, invece, è rappresentata come una fanciulla rivolta verso il centro città, con in spalla un fascio di spighe dalle quali fuoriesce un getto d’ acqua, chiara allusione alla fertilità recata dal corso d’acqua. Il rospo, calpestato dal leggiadro piede della scultura, potrebbe riferirsi all’arrivo in pianura, dell’acqua portata dal fiume prima di raggiungere, assieme al fratello Panaro, l’alveo del grande fiume Po.