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Una barca sul Nilo e una Rascona sul Po

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Disegno di una Rascona, chiamata tradizionalmente anche “Nave di Pavia”.

Abbiamo riferimenti certi su imbarcazioni che solcarono il Nilo 3000 anni fa, e una barca che navigò sul Po per secoli, prima di scomparire alla fine degli anni 50 del secolo scorso.

Verso il 3000 a.C., gli Egizi iniziarono ad utilizzare il legno d’acacia per costruire le barche, nonostante gli alberi fossero piuttosto rari in Egitto.
Gli egizi erano abili costruttori di barche che dovevano navigare il Nilo, e la forma di queste non subì nei secoli grandi mutamenti.  Queste imbarcazioni, che ancora presentavano le linee esterne delle zattere di papiro a profilo lunato, oggi diremmo “a banana”, con le estremità fortemente rialzate, erano molto larghe, con fondo piatto e di poco pescaggio, ideali per la navigazione sul fiume.

Mancavano di una chiglia vera e propria che venne in parte anticipata, ma non prima della metà del II millennio a.C. Per governare la nave gli egizi, si servivano di due grossi remi posti sui due lati della poppa, inizialmente liberi, cioè non fissati allo scafo, poi fissati in vari modi alle fiancate. La vela, era costruita in un tessuto leggero assai fragile, inferita ad un solo pennone,  di forma rettangolare, alta e stretta.

Nave egizia 2800 a.C.

L’unica nave di concezione arcaica, molto somigliante alle navi egizie che navigarono sul Nilo era la  Rascona  chiamata tradizionalmente anche “Nave di Pavia”.

Mentre tutte le altre navi  non avevano i due grossi timoni laterali, ma un timone incernierato a poppa. Navigò sul Po fino alla fine degli anni ‘50 del secolo scorso. Era una grande imbarcazione fluvio-lagunare a fondo piatto (senza chiglia).

In questo tipo di imbarcazione la poppa e la prua erano slanciate verso l’alto quasi uguali l’una all’altra. A poppa vi era la cabina, dal tetto ad arco, per l’equipaggio che viveva stabilmente a bordo.

Lo scafo era a banana, dotato di due timoni laterali chiamati zanche, lunghi 6,10 metri (il sinistro, più grande). Si tratta di uno scafo di concezione arcaica, come dimostrano la semplicità strutturale e la continuità di impiego dei timoni laterali, che rimandano a una tradizione antichissima.

Armava anche uno o due alberi abbattibili per passare sotto i ponti, con vele latine (in epoca medievale) o al terzo (in epoca moderna), che permettevano di sfruttare i venti favorevoli.

La stiva era protetta dalle intemperie da una copertura di tele incerate e stuoie fissata su un’apposita struttura mobile in legno. La Rascona ha svolto per secoli un ruolo fondamentale nel collegamento tra le città della pianura Padana e quelle costiere dell’alto Adriatico.

La straordinaria sopravvivenza delle rascone nel corso del tempo conferma come un determinato contesto ambientale, economico e sociale possa condurre verso soluzioni tecniche così efficaci da persistere sostanzialmente immutate per molti secoli.

Nel 1867 a Venezia risultavano registrate ancora 80 rascone, ma all’epoca questo tipo di imbarcazione era già in decadenza tanto da scomparire agli inizi del XX secolo.

Interessante è la descrizione di una tipica nave pavese descritta in un testo curato da G. Giovannelli e S. Pattarini: “Era a fondo piatto lunga quasi 30 metri e larga meno di 4, dunque molto slanciata. Alta di bordo al centro quasi come un uomo, nella sua versione comune da carico non aveva ponte, ma solo due modeste coperture a prora ed a poppa, collegate fra loro da due stretti piattibordi praticabili. A poppa c’era anche una cabina col tetto ad arco che si ciamava temp (il tempio, denominazione certo antichissima) e in cui i navaioli dormivano quando la nave era fuori sede.  Le fiancate dello scafo erano rettilinee e quasi verticali per la buona parte della loro lunghezza e non si incontravano né a prora né a poppa in un ritto ossia tagliamare. Perchè a collegarle saliva il fondo stesso della nave, disegnante una elegante curva e terminando con un accenno di rovesciamento all’indietro. Prora e poppa a banana e perciò con il timone non incardinato al centro della poppa, ma appoggiato in una insellatura al suo fianco come nelle navi dell’antichità“.