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Lista rossa IUCN, pesci d’acqua dolce verso l’estinzione

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iucn pesci d'acqua dolce

E’ stata aggiornata in questo mese di dicembre l’edizione italiana della lista rossa IUCN: pesci d’acqua dolce ancor più a rischio di estinzione rispetto al 2013, cioè rispetto a quando la lista fu revisionata l’ultima volta. Rischiano di sparire perfino la tinca, che nove anni fa era considerata abbondante, e il luccio (nella foto di copertina), che un tempo era il re del Po.

La  la lista rossa 2022 fa il punto sul rischio di estinzione dei vertebrati. Lo IUCN (International Union for the Conservation of Nature) che da 50 anni la redige è un’organizzazione non governativa che si occupa di natura. Il declino grave, generalizzato e rapido dei pesci d’acqua dolce salta immediatamente agli occhi. Lo stato di conservazione degli altri gruppi di vertebrati è infatti cambiato dal 2013 fra luci e ombre. Ad esempio,  fra i mammiferi la situazione è migliorata per lontra e gatto selvatico; fra gli uccelli, è migliorata per il grifone. Per i pesci d’acqua dolce, invece, ci sono solo ombre sempre più cupe.

Inquinamento e distruzione dell’habitat, certo. Ma il rapporto IUCN dice chiaro e tondo che i pesci d’acqua dolce hanno un problema in più rispetto agli altri vertebrati. Questo problema è costituito dai pesci alieni: quelli cioè che non appartengono alla fauna italiana e che sono stati immessi nei fiumi e nei laghi di solito per la delizia dei pescatori. Rappresentano, dice l’IUCN, “un fenomeno grave” anche “in termini di biomassa”. Detto in altre parole, la loro presenza è semplicemente strabordante. Le specie aliene non esistono solo in acqua, ovvio. Però sulla terraferma, come rileva lo IUCN, la loro diffusione massiccia è solo “localizzata e marginale”.

La lista rossa 2022 ha valutato 700 specie di vertebrati presenti in Italia, di cui 56 sono pesci di acqua dolce. Fra tutte le 700 specie, quelle in pericolo critico, cioè molto vicine all’estinzione sull’intero territorio nazionale, sono il 5,7%. Se invece si guardano solo i pesci di acqua dolce, le specie in pericolo critico sono ben il 26,7%. Inoltre, nessuna specie di pesci di acqua dolce ha migliorato le proprie condizione di conservazione rispetto a nove anni fa e 18 si ritrovano anzi in condizioni peggiori.

Quelle dei pesci di fiume sono, per così dire, sparizioni silenziose. Non si tratta di animali grandi ed emblematici – l’orso bruno, la foca monaca – che fanno vibrare l’emozione e che trovano spazio sui grandi media. Però fino a pochi decenni fa facevano parte del vissuto quotidiano della gente che gravitava sul Po. Ci si dovrebbe preoccupare di loro ancor più che della tigre e del panda: e invece…

Un buon riassunto della situazione 2022 dei pesci d’acqua dolce si deve alla pagina Facebook del progetto di divulgazione Itticultura. Nessuna delle 56 specie presenti in Italia ha migliorato il proprio stato di conservazione rispetto al 3013, mentre 18 l’hanno peggiorato. Di queste 56 specie, 15 sono in pericolo critico, cioè ad un passo dall’estinzione sul territorio nazionale; 10 sono in pericolo; altre 10 sono vulnerabili all’estinzione. Risultato: 35 specie su 56, pari al 63% del totale, sono minacciate di estinzione in modo più o meno immediato. Due specie sono già estinte in Italia: lo storione comune e lo storione ladano.

Le 15 specie che si trovano in pericolo critico (cioè vicinissime all’estinzione)  sono storione cobice, anguilla, savetta, cobite del Volturno, scardola tirrenica, cavedano etrusco, carpione del Garda, panzarolo, trota mediterranea, trota siciliana, trota marmorata, carpione del Fibreno, temolo adriatico, lampreda di fiume, lampreda di mare. Quest’ultima vive, sì, lungo i litorali marini ma risale i fiumi per riprodursi. Nel 2013, le specie in pericolo critico erano 11: quattro in meno.

Secondo la lista rossa IUCN, pesci d’acqua dolce in pericolo sono: lasca, cheppia, alborella meridionale, barbo canino, barbo tiberino, gobione italiano, pigo, luccio italico, tinca, ghiozzo etrusco. In tutto, 10 specie; nel 2013 erano 6.

Le 10 specie vulnerabili all’estinzione (erano 8 nel 2013): cobite barbatello, cobite mascherato, lampreda padana, barbo italico, alborella settentrionale, barbo balcanico, barbo sannitico, barbo del Fucino, rovella, lampreda di ruscello.

Ci sono poi cinque specie quasi – “solo” quasi – minacciate di estinzione: erano tre nel 2013. Si tratta di agone, triotto, scardola, spinarello, cagnetta. Infine, in base alla lista rossa IUCN, pesci d’acqua dolce che non mostrano problemi di conservazione in Italia sono soltanto cavedano, cobite comune, vairone. scazzone, latterino, nono, ghiozzo padano, ghiozzetto di laguna, ghiozzetto cenerino. Le specie in questa categoria si sono ridotte a 9, mentre nel 2013 erano 16.

Come sottolinea lo IUCN, la concorrenza di specie esotiche immesse dall’uomo minaccia in modo particolare la sopravvivenza dei pesci d’acqua dolce. Dal pesce gatto americano al siluro, gli esotici non hanno nemici naturali e sono dotati di robusto appetito. Mangiano i pesci “indigeni”, oppure sottraggono loro le risorse alimentari.

La cosa più incredibile è che le immissioni di pesci d’acqua dolce estranei alla fauna italiana proseguono tuttora, anche se si tratta ti una pratica notoriamente dannosa e in teoria anche vietata. Tuttavia un codicillo nell’ultimo decreto Millepororoghe permette di liberare trote americane nei fiumi, ovviamente per la gioia dei pescatori. La provincia di Cuneo, ad esempio, ne ha subito approfittato.