
La provincia di Rovigo invecchia più velocemente delle altre province venete, secondo il Rapporto 2012 dell’Osservatorio provinciale delle politiche sociali Le persone anziane: bisogni e risposte alla non autosufficienza in provincia di Rovigo, presentato martedì 9 ottobre a palazzo Celio, sede della Provincia di Rovigo. L’età media dei polesani, pari a 45,3 anni, è la più alta in Veneto. Inoltre la vecchiaia è donna: tra gli ultra 90enni il rapporto tra uomini e donne è di 1 a 3. I dati, secondo Tiziano Vecchiato direttore della Fondazione Zancan, sono uno spunto per ripensare all’organizzazione dei servizi per la terza età
Realizzato con il sostegno della Fondazione Cariparo, lo studio si è concretizzato con la mappatura di ogni comune: due anni di approfondimenti che hanno coinvolto le amministrazioni comunali, le Ulss provinciali, le associazioni, le cooperative e le case di riposo. Ed ecco i risultati: il Polesine è il territorio che invecchia più rapidamente rispetto al resto della regione. Qui l’età media è di 45,3 anni, contro i 42,8 della media veneta e nazionale (dati 2010). Il 22,6% della popolazione ha oltre 65 anni e l’11,8% ne ha più di 75.
L’indice di dipendenza, che misura il peso della popolazione non attiva su quella in età lavorativa, nell’ultimo decennio è arrivato a quota 51,4, a indicare una situazione di squilibrio generazionale. In particolare, è la quota di over 65 ad aumentare, mentre il peso dei giovani rimane pressoché invariato. Inoltre, è emerso che il fenomeno dell’invecchiamento ha una connotazione femminile, che aumenta sempre più al crescere dell’età e nella fascia degli ultra 90enni il rapporto tra uomini e donne è di 1 a 3.
Va da sé che la provincia di Rovigo sarà giocoforza luogo di sperimentazione di politiche a favore delle persone anziane e dell’invecchiamento attivo. “La tendenza del territorio provinciale è quella di invecchiare sempre più – avverte il direttore della Fondazione Zancan, Tiziano Vecchiato – ma anche il resto del Veneto è affetto dallo stesso declino demografico, seppur in misura meno rapida. Per questo le soluzioni positive adottate in provincia potranno essere utili anche per altri territori”.
La spesa complessiva per non la non autosufficienza in provincia vale oltre 50 milioni di euro: circa un decimo è a carico dei comuni (5,5 milioni circa) e il resto si divide tra indennità di accompagnamento (25 milioni) e concorso alla spesa degli utenti per la residenzialità (circa 21 milioni). “È una cifra considerevole, al netto della spesa privata per assistenti familiari e della spesa sanitaria per risposte residenziali e domiciliari – sottolinea il direttore -. C’è un capitale di welfare che genera lavoro di cura e dà risposte alle persone e alla famiglia”.
Vecchiato insiste quindi sulla necessità di guardare all’invecchiamento non solo come a un costo: il problema non è contrastare l’invecchiamento, ma gestirlo in modo positivo. Tra le priorità c’è la domiciliarità da sostenere, l’integrazione da parte dei Comuni della spesa che le persone e le famiglie non sono in grado di sostenere, la persistenza dell’impegno economico regionale.