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Il Monviso nell’arco delle 24 ore. Mostra fotografica

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Manta: mostra fotografica dell’associazione culturale “Anno Mille”. L’inaugurazione si terrà questo venerdì alle 20.30, presso la Cascina Aia.

La mostra vuole raccontare, nell’arco delle 24 ore, i mutamenti più o meno evidenti di una montagna speciale e simbolica: il Monviso, con il suo paesaggio circostante, catturata in un’immagine e sottoposta allo scandire del tempo che la culla dall’alba al tramonto.

Immagini che restituiscono, attraverso diversi punti di Manta, vista, il divenire di esse nel tempo che, seppur breve, trascorre inesorabile e lascia memoria attraverso i segni visibili dei suoi cambiamenti.

Tante “vedute” affascinanti che aprono ad uno spettacolo della natura, invitano ad una riflessione sull’iconografia del paesaggio nell’arte e sull’uso della fotografia digitale come mezzo espressivo.

Un progetto che nasce inchinandosi di fronte alla maestosità del Re di Pietra, così com’è anche stato definito il Monviso, ovvero la montagna più alta delle Alpi Cozie (3.842 m s.l.m.). Un lavoro di ricerca che ha spesso fatto incontrare gli autori, Fulvio Beltrando, Filiberto Comba e Patrizia Galliano per andare a fotografare questa montagna che, sin dall’inizio del Seicento, tanto ha catturato l’attenzione di uomini e donne che se ne sono interessati e innamorati, con la comune ammirazione verso tale grandezza.

Le tante e diversificate mostre che continuano a costruirsi attorno ad essa e gli scritti di testi, da quello scientifico a quello, non meno importante, del semplice appassionato, dimostrano un interesse continuo che fa parte della nostra contemporaneità.

Monviso, dal latino Mons Vesulus significa montagna ben visibile, che la rende sicuro punto di riferimento per il viaggiatore. Infatti, la sua forma piramidale e imponente si erge maestosa e si restituisce allo sguardo dalla Pianura Padana, riconoscibile anche da grandi distanze.

Ai piedi del Monviso si trova la sorgente del fiume Po, il corso d’acqua più lungo d’Italia che dal 2013 è divenuto patrimonio dell’Unesco come riserva di biosfera transfrontaliera. Tali caratteristiche fanno comprendere il fascino di questa grande opera della natura nel corso del tempo e nelle menti di uomini e donne che, volendo confrontarsi con essa, cercano di “catturarla” con esperienze comuni, non per farne una prigioniera ma per liberare dentro se stessi tutta la meraviglia che, al solo sguardo di ciascuno, il Monviso sa dare.

E’ proprio quello sguardo incantato eppure nitido che scaturisce dalle immagini esposte in mostra, che raccontano di un progetto comune, di chi si è dato un appuntamento importante ma che restituiscono uno “spettacolo” unico e irripetibile, frutto di esplorazioni soggettive.

E ognuna ha il suo punto di vista e risponde alla sensibilità dell’occhio che guarda attraverso il proprio obiettivo “…dentro le immagini ci siamo noi con la nostra sensibilità, le nostre emozioni di fronte alla maestosità della natura, la nostra passione per il Monviso.”

Visitare la Mostra per attivare un’esperienza nella quale sperimentare quello che lo spettacolo della natura può suscitare in ciascuno di noi. Alzare lo sguardo verso l’alto per ampliare la veduta e ammirare il Monviso, sempre presente, nella vastità del cielo, tra le nuvole ovattate, le rocce in tutta la loro plasticità, le distese di prati che, come coperte, cambiano la loro consistenza cromatica a seconda delle stagioni, i laghi e i percorsi d’acqua, i ghiacci, gli alberi, l’orizzonte e i tramonti, segni in continuo mutamento tra i componenti della natura.

Sollevare gli occhi per guardare in su ed oltre la distesa del quotidiano, significa anche modificare la nostra postura fisica e attuare un cambiamento che da terra ci spinge verso il cielo, mutando il modo di pensare come “vedere”.

La storia dell’arte e la pratica dell’arte testimoniano la precisa volontà dell’uomo di mettersi costantemente in relazione con lo spazio esplorandone o superandone i limiti. Inevitabilmente, i paesaggi nei quali ciascuno di noi vive e agisce, diventano spazi passibili di costanti mutamenti e alterazioni. Le immagini in mostra rimandano alla pittura di paesaggio, in quanto lo scenario naturale è sentito come un tema autonomo, capace di suggerire di per sé un’emozione spirituale ed estetica.

Nell’arte contemporanea la montagna viene intesa sia come il luogo incontaminato e dell’alternativa, lontano da tutti gli altri che si vuole raggiungere, sia concettualmente, come luogo della proiezione. Opere che sono frutto di un percorso nel quale i mutamenti sono soggetti ad uno sguardo che cambia il modo di vedere, andando a mutare il comportamento dell’individuo.

La natura, la montagna in questo caso, sia in primo piano sia tenuta in fondo o a margine della composizione, viene considerata come punto di ascesa più alto fuori e dentro di noi.

La rappresentazione visiva attraverso la fotografia, uno dei suoi tanti modi di darsi a vedere, come mezzo aderente e immediato per documentare e archiviare la realtà ma anche uno strumento espressivo di conoscenza, di indagine interiore e di interfaccia col mondo, mediante il quale si rende testimonianza dei valori dell’attività umana. Le fotografie raccontano storie e, alle volte, sono più efficaci delle parole.

Interrogarsi intorno ad un’icona come il Monviso, una forma che esprime particolari valori simbolici, ci dimostra in quanti modi l’uomo può inscriversi nell’ambiente circostante e perdersi nella vastità della natura per ritrovare se stesso.

Paesaggi come specchio dell’istanza della soggettività umana in cui un componente della natura, un segno dagli effetti duraturi che rimane impresso nella memoria, ordinario e riconoscibile, diviene la sintesi tra il visibile e l’invisibile di uno spazio, di un luogo, di un tempo, palesandosi in tutta la sua straordinarietà.

Lavori suggestivi, densi e pittorici, che si definiscono un work in progress, ai fini di una ricerca che continuerà nel tempo e sono la sintesi di una stratificazione di emozioni silenti che emergono da luoghi che invitano alla solitudine e alla ricerca delle più intime sensazioni. Da ciascuna immagine, infatti, emerge un’energia che risponde ad un impatto emotivo che rimanda ad un raccoglimento quasi spirituale. Un’eco prospettico, una trigonometria del quotidiano, poiché la montagna che da qualsiasi punto vedi o intravvedi, laggiù in fondo alla pianura o come un becco che sovrasta la schiena delle alpi Cozie, è anche la montagna che sempre ti insegue e ti ricolloca: nello spazio e nel tempo, appunto.

E’ da lì che gli autori delle immagini attingono, dal “loro album dei ricordi”, quasi fossero stati guidati da un mentore che ha indicato loro come collocarsi, per cogliere tutti gli elementi utili alla costruzione della “porzione” di spazio da portare con sé a testimonianza dell’esperienza vissuta.

Il progetto, rispondendo al grande interesse suscitato intorno al Monviso, si sviluppa grazie al sostegno delle Amministrazioni Comunali e delle Associazioni Culturali: prima della Proloco, AICA e Comune di Barge che ne hanno reso possibile la nascita, poi il Comune di Cavour con l’Associazione “Anno Mille” e la Proloco che hanno ospitato la mostra all’Abbazia Santa Maria, sito affascinante e denso di stratificazioni storiche; ora il Comune di Manta che accoglie il progetto ospitando la mostra, arricchita di nuove immagini, nel Settecentesco edificio di Cascina Aia, luogo di interesse culturale e sede di recenti restauri.

La Mostra vuole compiere un viaggio lento e lungo, un cammino di montagna, che continuerà nel tempo visitando altri luoghi del territorio piemontese, si arricchirà di nuove immagini e auspica di valicare le alpi alla ricerca di confronti internazionali. targatocn.it