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Il Grande Fiume: una velata presenza nella poesia contemporanea ferrarese

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I poeti del Duca. Excursus sulla poesia contemporanea a Ferrara è un coraggioso volume a cura di Matteo Bianchi, con una nota di Monica Farnetti, recentemente portato sugli scaffali dalle Edizioni Kolibris (2013, pp. 286, euro 16).

«La mia curatela ha voluto seguire la visione all’infinito leopardiano di Bassani – ha affermato appunto Bianchi – il quale scrisse ne L’odore del fieno (1972) che dietro i grandi alberi delle mura, oltre la massa lustra e compatta del loro fogliame, si indovinava un’aria aperta, una brezza quasi marina». L’antologia, patrocinata da Provincia, Comune e Camera di Commercio ferraresi, è scaturita dal tentativo appassionato di un giovane critico e di una giovane editrice, le Edizioni Kolibris (trasferitesi coraggiosamente dentro le mura ferraresi dalla sede bolognese), «di fare il punto della situazione, di pubblicare il primo spaccato lirico della città estense», ha sottolineato Lorenzo Mazzoni su “Il Fatto Quotidiano”. Matteo Bianchi, difatti, ha introdotto con un saggio una selezione di inediti delle venticinque voci – a suo discernimento – più significative di Ferrara, voci liriche che appartengono alle ultime due generazioni. Un’introduzione «immane ed entusiastica», l’ha definita Franco Buffoni, che lo stesso Robaey ha «letto e riletto più volte, espansiva, ricca, ma folle… dentro c’è tutto». «Dopo averla letta, mi ha caricato per scriverne», ha confermato Diego Marani, il quale l’ha presentata poco prima delle feste natalizie sia alla Libreria IBS in Piazza Trento Trieste, sia su l’emittente “Telestense”.

I venticinque autori, o i loro cari, invitati dal curatore ad affidargli gli inediti sono, dall’indice alfabetico: Angelo Andreotti, Carla Baroni, Arnaldo Benatti (1941-2005), Emanuela Calura, Riccardo Corazza, Roberto Dall’Olio, Chiara De Luca, Lamberto Donegà, Giuseppe Ferrara, Claudio Gamberoni, Patrizia Garofalo, Carlo Gardenio Granata, Rita Montanari, Alessandro Moretti, Giorgio Palmieri (1947-2010), Monica Pavani, Matteo Pazzi, Roberto Pazzi, Edoardo Penoncini, Jean Robaey, Eleonora Rossi, Paola Sarcià, Filippo Secchieri (1958-2011), Gian Pietro Testa, Giovanni Tuzet.

Di seguito uno stralcio dal saggio introduttivo di Bianchi, che evidenzia la presenza sottesa del Grande Fiume anche in certa poesia contemporanea estense.

 

La fobia dell’acqua 

Ho visto la malattia di un grande

albero di clausura che da secoli fiorisce

tra i muri muti dentro la città. 

Sa che il dolore si vede

ma da quando due rami del ciliegio

hanno deciso di essere morti

del tutto 

nell’isola tra i vicoli il tronco

di corteccia giapponese si è torto

controvento, proprio come Pound

solennemente rinchiuso e stresso

nella smorfia austera del silenzio (1)

 

Un de profundis quello di Massimo Scrignòli che, con versi tanto smagriti e lapidari da rimbombare ascetici, associa il sofferto malanno dell’antico ciliegio di Sant’Antonio in Polesine, all’Ezra Pound fotografato da Henri Cartier-Bresson nel 1971 a Venezia, l’anno precedente alla sua morte a ottantasette anni; nel portrait angosciante, rigorosamente in bianco e nero, il poeta spettinato, seduto in poltrona, sembrerebbe scomodato dai segnali della morte, nello stritolare la luce che trattiene nei bulbi oculari, intanto che la mano destra fa lo stesso con la pipa, metonimia del piacere fugace, della vanità del fumo. Uno dei poeti maggiori del secolo breve immortalato nei giorni in cui sta perdendo la compostezza di esistere. Cartier-Bresson qui «has the heart-on-his-sleeve humanity of, say, Robert Doisneau» (cfr. Eamonn McCabe, “the Guardian”). Un’invocazione di clausura spirituale attorno al Monastero che nel Medioevo sorse su un isolotto circondato dall’impeto del fiume Po. Ancora L’airone quieto bassaniano aleggia in alto, sull’opera intera, tale si chiarifica lo Spirito Santo: viatico dell’anima in esplorazione, sprovvista di una ragione a cui contrapporsi, per definire e affermare se stessa, almeno appena prima che la penna, piuma dell’Angelo, si sia staccata dalla carta. Tanto è vero che il volo a planare si chiude con un distico visionario: «dolce transumanar della vista / su questa terribile felicità» (pag. 77). […] Una liquidità poetica aperta a ogni tipologia di contaminazione artistica, quella di Scrignòli, esemplificata nel paragone tra The Waste Land (1922) di Thomas S. Eliot e Apocalypse Now, diretto da Francis Ford Coppola nel 1979, in conferenza presso la Delizia di Belriguardo. Liquida tempera è l’acqua del Po, carica di detriti e antichi reperti trascinati per migliaia di chilometri, e restituiti dal suo limo secoli dopo il loro smarrimento in balia della sua lena. Inoltre, al posto di Viale Cavour, corso alberato che taglia simmetrico il cuore cittadino, scorreva il lascito del Grande Fiume, siccome nel 1577 Alfonso II volle ampliare il fossato a ovest del Castello, per trasformarlo in un canale navigabile che avrebbe condotto gli Este ai “luoghi di delizia”. Il Cavo dei Giardini, dati i rigogliosi giardini intorno agli edifici ducali di villeggiatura, fu allargato nel 1645 per volere del Cardinale Giovanni Stefano Donghi e l’opera fu dedicata al Pontefice Innocenzo X Panfili; pertanto al Cavo fu dato il nome di Canale Panfilio, tombato totalmente nel 1880.Lascito personificato da coloro che sono stati trasportati qui dalla mobilità del flusso. Non ci sono attracchi, tuttavia, almeno non definitivi per Angelo Andreotti, il quale nel suo Porto Palos stabilisce sulla mappa delle reminescenze unicamente il punto di partenza, non tracciando alcuna rotta; invero Palos de la Frontera fu il celebre capoluogo spagnolo dove Colombo preparò il suo viaggio. Un viaggio di scorci metapoetici, quello di Andreotti, numerati e cadenzati da un ritmo altalenante, fluente quanto afflussi e deflussi delle maree. D’altronde, si sa che il mare non avrebbe colore senza il cielo, senza la sua cronica azzurrità:

.8.

Con un cielo di notizie si traguarda l’ineffabile vastità di un’illusione che distacca il passo dall’orma, e allontana la meta fin oltre la curva priorità dello spazio. Lì si nasconde il tempo, a baciare il futuro con le labbra tumide di desideri da appagare, da lasciare come stanno, con il fiato interrotto nel punto esatto in cui l’aria si fa respiro e poi di nuovo attesa per un rilancio dello sguardo, che vede più in là della mente confusa da troppa realtà d’afferrare e conservare in concetti, che da lì a poco svaniranno in parole svuotate in distanze ormai proibite. (2)

 

 

(1) M. Scrignòli, Vista sull’Angelo, Book Editore, Ro Ferrarese (FE) 2009, p. 39.

(2) A. Andreotti, Porto Palos, Book Editore, Castel Maggiore (BO) 2006, p. 38.