
Il fiume, le sue rive boscose, persino gli animali che popolano questi luoghi ci appaiono trasfigurati in un’atmosfera senza tempo, in cui le epiche figure del mito gettano le basi della nostra civiltà contadina. I tanti racconti con cui impariamo a conoscere i leggendari antipodi di una civiltà nata e cresciuta sulle rive dei fiumi. Dalle sorgenti alla foce del Po e dei suoi affluenti, sono tanti i racconti di storie e leggende sul diavolo, che avrebbe costruito anche ponti.
Si contano in Italia una trentina di ponti del diavolo, noi accenneremo solo quelli che si trovano sugli affluenti del Po. Due in Piemonte, uno in Lombardia, e due in Emilia, storie similari con un esito scontato.
Dronero (TO)

Il Po scende verso Torino attraversando la pianura per quasi 70 chilometri, raccoglie le acque di Bronta, Pelice, Vairata e Maira; è quest’ultimo torrente che risaliamo fino a Dronero, l’ingresso della Val Maira, denominato: “il paese degli acciugai”, è una cittadina ricca di storia con stradine e porticati medievali, caratterizzato dal suo ponte, detto “del diavolo”, per la leggenda a cui è legato. La valle, attraversata dal fiume Maira, si presenta angusta nella parte iniziale, con gole e passaggi stretti, e ampia nella parte superiore dove si apre in larghe conche.
Cinquanta chilometri di boschi fitti e di piccolissimi paesi dai nomi strani: Moschieres, Cucchiales, Pagliares, di chiara origine provenzale, che portarono qui la cultura e la lingua occitana. Il nome della valle, “valle magra”, deriva dal ricordo di momenti difficili, quando sopravvivere era un’impresa, ed è in questa valle che si rifugiarono secoli fa i Valdesi, considerati eretici e per questo perseguitati.
Il ponte fu costruito nel 1428 per favorire l’accesso a Dronero e alla valle per chi veniva dalla pianura. La leggenda narra che, ultimata la costruzione, il progettista ed il costruttore non ebbero il coraggio di disarmarlo, per cui fecero portare migliaia di fascine, le incendiarono, bruciando così anche tutta l’armatura che era di legno. Il ponte non crollò, ma nessuno voleva passarci per primo ed il costruttore correva il rischio di non essere pagato.
Il diavolo propose un patto. Avrebbe pensato lui alla buona riuscita, a condizione che la prima anima che avesse attraversato il ponte sarebbe stata sua. Gli abitanti di Dronero tennero a dieta per una settimana un grosso cane e, al momento convenuto, fecero rotolare una grossa forma di formaggio sul ponte e liberarono la bestia: il cane transitò illeso così come tutte le persone che vi passarono dopo.
Lanzo Torinese (TO)

Il ponte del Diavolo fu edificato nel 1378, e serviva a collegare Lanzo e le sue valli con Torino superando lo Stura di Lanzo, torrente che si getta nel Po dopo Torino, (da non confondersi con lo Stura ligura), permettendo così di evitare il passaggio nei territori del marchesato del Monferrato ostili ai Savoia.
Il ponte costruito a schiena d’asino, si trova in una stretta gola con le pareti a precipizio scavata dalle acque dello Stura. Un arco di pietra situato sul punto più alto è quello che rimane di una porta che vi fu posta nel 1564, per poter chiudere l’accesso nel caso in cui scoppiasse un’epidemia ed impedire così il transito di possibili untori che ne favorissero la diffusione.
Questa la storia del ponte, mentre il suo nome deriva dalla leggenda secondo la quale fu il diavolo in persona a costruire il ponte dopo che per ben due volte ne era stato edificato uno, e sempre crollato.
Il Diavolo vedendo quanto accaduto pensò di poter approfittare della situazione e, forte della disperazione della popolazione vessata dalle tasse, che continuavano a pagare per finanziare il collegamento, propose di far erigere egli stesso un ponte che non sarebbe mai crollato, ovviamente ad un prezzo: avrebbe reclamato per se l’anima di chi per primo vi fosse passato.
Quando il punte fu ultimato, venne fatto passare un cagnolino, aggirando così l’accordo . Il Diavolo furioso per essere stato beffato, batté con violenza le zampe sulla roccia; quest’attacco d’ira incontrollato causò la formazione delle cosiddette “marmitte dei giganti”, cavità di varie dimensioni scavate nella pietra. Un altro mito popolare vuole invece che le suddette fossero invece le pentole in cui il Diavolo cucinava la minestra per i suoi manovali durante la realizzazione del ponte. Oggi riserva naturale.
La leggenda del Ponte Coperto di Pavia

Risaliamo il Ticino, ci portiamo a Pavia dove vengono ancora narrate alcune leggende. Una delle quali ci racconta come sarebbe stato costruito il vecchio Ponte Coperto.
Nell’anno 999 il vecchio ponte romano, del quale si vedono ancora oggi gli avanzi nel letto del fiume, crollò; chi voleva passare da una riva all’altra doveva adoperare un servizio di barche.
La sera della Vigilia di Natale molti pavesi dal Borgo Ticino (antico quartiere situato sulla sponda destra del fiume) volevano raggiungere la riva opposta per assistere alla S. Messa, ma una fitta nebbia e la quantità di persone rallentavano il servizio.
In quel momento si presentò un uomo vestito di rosso, che promise ai pellegrini che li avrebbe fatti passare tutti purché lo seguissero. Dopo averli guidati nella nebbia che si faceva sempre più fitta, l’uomo mostrò ai pellegrini increduli l’ombra di un ponte che pareva fatto di nebbia più compatta ancora. E disse:“Vedete? Questo ponte diventerà di pietra, se il primo essere che lo passerà sarà mio eternamente”. Il ponte era fatto di nebbia e non si poteva usarlo che accettando i patti.
Tra i presenti fortunatamente vi era un uomo che nessuno aveva prima notato. Era l’Arcangelo Michele che, dalla vicina chiesa, aveva visto ed era accorso. Si avanzò verso il diavolo e disse: “Caro Belzebù, noi desideriamo un po’ di tempo per riflettere, tu comincia a fare il ponte di pietra e poi ti terrai il primo che passerà.” Il diavolo accettò; e, fatto il ponte, si pose sul pilone centrale ad attendere il primo passante. L’angelo allora, mandato a prendere un caprone, l’afferrò per il collare e l’obbligò a passare per primo.
Preso dall’ira per essere stato preso in giro, il diavolo scatenò un violento nubifragio. Pioggia, vento, turbini e saette, si abbatterono sul ponte; ma nulla poterono contro le pesanti colonne di pietra. I pavesi per tenere lontano il diavolo, costruirono sul pilone di mezzo un’edicola votiva dedicata a San Giovanni Nepomuceno, santo boero vissuto nel XIV secolo, annegato nella Moldava a Praga da Venceslao.
In provincia di Pavia esistono tre statue di questo Santo protettore dei naufraghi: quella sul ponte coperto di Pavia, un’altra in piazza Ducale a Vigevano e la terza ad Arena Po.
Il diavolo e l’oste di Bobbio (PC)

Anche a Bobbio, sul fiume Trebbia, esiste un ponte che la leggenda indica costruita dal demonio e che ancora oggi viene chiamato “il ponte del demonio”
La leggenda racconta che il diavolo, travestito da vecchio gobbo con il bastone, si presentò dall’oste. Egli, ovviamente, non lo riconobbe abbigliato in quel modo, e iniziò a conversare con lui. Durante la conversazione l’ignaro oste auspicò che venisse creato un ponte che collegasse la trattoria con Bobbio. Infatti il borgo era lungo la via commerciale per Genova e Chiavari, e quindi i suoi guadagni sarebbero decisamente aumentati.
Il vecchio allora gli chiese se fosse disposto a vendere l’anima in cambio della costruzione del ponte; lui rise, ma poi annuì e strinse la mano al vecchio, che si mise a ridere sonoramente insieme all’ignaro oste. La mattina seguente apparve dalla nebbia, tra lo stupore generale, il ponte.
Poco dopo però la moglie dell’oste notò una stranezza: le persone che vi passavano sopra bestemmiavano e imprecavano perché le gobbe del ponte erano faticose da superare. Il giorno dopo la moglie si alzò prima dell’alba e tra i primi raggi del sole vide che sul ponte, nella nebbia mattutina, usciva un alito di vento; questo si trasformava prima in demone e poi nel vecchio gobbo che aveva parlato con suo marito.
Allora corse dal vescovo e gli raccontò tutto. Egli, sorpreso, capì finalmente il perché la gente non andava a messa, e con la moglie dell’oste stabilì un piano. La sera la donna, con una scusa, invitò il vecchio a cena e lo fece abbuffare ed ubriacare fino a quando si addormentò. Nel mentre il Vescovo, con i parroci e alcuni parrocchiani, iniziò a benedire il ponte e a porvi croci e statue votive. Il diavolo si svegliò soltanto all’alba e vide che all’altezza dell’arco maggiore il vescovo innalzava il suo bastone pastorale al cielo. Allora incominciò ad imprecare e a contorcersi fin quando sparì.
Fiumalbo (MO)

Il comune di Fiumalbo si trova nell’alto Appennino modenese, alla confluenza del Rio Le Motte (Rio San Francesco) e del Rio dell’Acquicciola. La confluenza dei due corsi d’acqua che delimitano il centro di Fiumalbo danno origine allo Scoltenna che, a sua volta, confluendo con il Leo dà origine al fiume Panaro, affluente del Po.
Il Ponte del Diavolo di Fiumalbo è forse il ponte meno conosciuto, ma sicuramente molto suggestivo. Scavalca lo Scoltenna ad una notevole altezza, poggiando direttamente sulla roccia della profonda gola scavata dalle sue acque. Guardandolo dall’alto, il ponte sembra sospeso in mezzo alla vegetazione; infatti il sentiero che lo attraversa si snoda nel bosco fitto e buio e, superato lo strapiombo, scompare nuovamente nel faggeto.
Infine i giganteschi massi portati a valle dalla forza impetuosa del torrente che circondano il ponte gli conferiscono un’aura tenebrosa e quasi sovrannaturale. Un luogo perfetto per essere abitato da lupi, briganti, diavoli e streghe.