
Granchio blu nei fiumi e nel Po, una timida buona notizia – un piano di monitoraggio – e tante cattive. La peggiore: anche se in teoria dovrebbe vivere in mare e nelle acque salmastre, non è più escluso che il granchio blu riesca a deporre le uova nelle acque dolci e nel Po. Infatti sono state catturate anche femmine cariche di uova, come quella nella foto.
Quest’estate, oltre ad aver devastato gli allevamenti di molluschi nel delta, i granchi blu hanno risalito il Po fino a Mantova – quasi 150 chilometri dalla costa – nonché i canali e i corsi d’acqua del Veneto e della Romagna. Ci si aspettava che con l’autunno tornassero in mare. E invece sono ancora nel Po e nei fiumi, sebbene meno numerosi di prima. Si tratta di predatori alieni senza nemici naturali. Mangiano di tutto e soprattutto mangiano tutto: peggio di Attila, che dove passava il suo cavallo non cresceva più l’erba. Anche in Po faranno piazza pulita di piccoli pesci, novellame, invertebrati?
Fa il punto della situazione Mattia Lanzoni, biologo e ricercatore dell’Università di Ferrara. Si occupa dell’impatto del granchio blu a fianco delle regioni Emilia Romagna e Veneto. Innanzitutto sottolinea la tremenda situazione che il granchio blu ha prodotto nel delta. Gli allevamenti di molluschi, come quelli della sacca di Goro e di Scardovari, sono peggio che in ginocchio. “Si è salvato un 10% della produzione. Danni per 100 milioni di euro, tremila persone senza lavoro”.
Ancora da Lanzoni viene la notizia – la timida buona notizia – di un piano di monitoraggio del granchio blu presentato al ministero dell’Ambiente da università ed associazioni di pescatori. “Dovrebbe iniziare a gennaio. Ci occuperemo delle dinamiche delle popolazioni di granchio blu nel Nord Adriatico, in mare e in acqua dolce, sotto tutti gli aspetti. Lo scopo è mettere a punto piani efficaci di pesca e di raccolta. Previsto anche uno studio sulla creazione di filiere per la commercializzazione”.
Su quest’ultimo punto tuttavia incombe la possibilità che l’Ue dichiari il granchio blu specie invasiva di interesse unionale. Se così fosse, la vendita del granchio blu sarebbe vietata o, nella migliore delle ipotesi, diventerebbe un percorso ad ostacoli per sfruttare le eventuali deroghe al divieto.
E il granchio blu nei fiumi e nel Po? “Fino alla fine di ottobre era presente con densità elevatissime. Col il freddo e con le piene tende a tornare nelle acque salmastre e nel mare, ma con ogni probabilità alcuni resteranno anche in inverno ed altri torneranno in estate”, risponde Lanzoni.
Fino ad alcune settimane fa era sempre detto che, se non altro, nel Po non si erano trovate femmine cariche di uova. Invece “le abbiamo trovate eccome”, annuncia il biologo Lanzoni. In teoria, in base alle abitudini del granchio blu, l’accoppiamento dovrebbe avvenire nelle acque salmastre alle foci dei fiumi e la deposizione delle uova solo in mare. Almeno, così il granchio blu si comporta in America, suo luogo d’origine. Poi, sempre in America, i giovanissimi granchi si infilano nelle foci dei fiumi e raggiungono la maturità nelle acque salmastre. E in Italia? “Ora non si può escludere che le femmine depongano le uova anche nei fiumi, nella zona prossima alla foce. In questo caso però i granchi neonati dovrebbero avere vita dura”.
E fin dove arriverà il granchio blu nei fiumi e nel Po? Dobbiamo aspettarci che, già raggiunta Mantova, riesca a risalire ulteriormente verso monte? “Esistono ostacoli fisici che non può superare”, spiega Lanzoni. Riprende: “Nel Po, il granchio blu non riuscirà ad andare oltre isola Serafini”, fra le province di Piacenza e Cremona, dove si trovano lo sbarramento e il dislivello creati per la centrale idroelettrica. Esiste una scala di risalita per i pesci, “ma il granchio blu non è in grado di percorrerla. Se lo si troverà più a monte, quasi certamente sarà perché qualcuno ce l’ha portato”.
Ancora Lanzoni: “Il granchio blu incontra ostacoli insormontabili anche nella risalita di Reno, Lamone e degli altri fiumi della Pianura Padana nei quali si sta avventurando: e stavolta non si tratta solo degli sbarramenti artificiali. Infatti questi corsi d’acqua hanno un carattere più torrentizio e sono troppo freddi per risultargli ospitali. Il Po invece è tiepido, c’è una differenza di temperatura pari a 10 gradi rispetto alle acque del Reno. Il monitoraggio comunque ci dirà fin dove arriva il granchio blu. Probabilmente, a parte il caso del Po, in Italia risale le acque dolci al massimo per una trentina di chilometri”.
Sempre attraverso le parole di Lanzoni emerge il nesso fra gli eventi meteorologici estremi che caratterizzano questa nostra epoca di cambiamenti climatici e la risalita del Po e delle acque dolci da parte del granchio blu. Si è sempre detto che il granchio blu è entrato nel Po quest’estate per la prima volta. “E invece si è appurato che era già a Pontelagoscuro l’estate scorsa”, annuncia il biologo. Pontelagoscuro è una frazione di Ferrara, ad una sessantina di chilometri dalla costa. L’arrivo del granchio blu, spiega, è una conseguenza della tremenda siccità e del gran caldo nel 2022. Acque dolci più tiepide del solito, risalita del cuneo salino nel Po per circa 40 chilometri. Praticamente, un tappeto rosso srotolato davanti alle sue zampe.
Nel maggio di questo 2023, le alluvioni hanno posto fine alla siccità, colpendo in particolar modo la Romagna. Insieme alle loro acque, i fiumi hanno portato e concentrato nell’alto Adriatico “una gran quantità di nutrienti”. Di conseguenza si sono concentrati anche i granchi blu, accorrendo al banchetto.
Sono questi gli ingredienti che hanno preparato il disastro non solo negli allevamenti di molluschi, ma anche nell’ultimo tratto del Po e dei fiumi veneti e romagnoli. Infatti entro i 20 chilometri dalle foci il granchio blu “ha un impatto sul novellame”, per usare le parole di Lanzoni. Significa che si mangia i pesciolini neonati, mettendo in forse – o almeno in difficoltà – la perpetuazione delle specie. E nel tratto successivo verso monte? “Ah, questo ancora non lo sappiamo”.