
In questi giorni d’estate, i prelievi irrigui vampirizzano il Po togliendogli molta più acqua di quella che gli rimane. Complessivamente assorbono un volume pari a circa una volta e mezzo la portata residua. Nel terribile 2022, al culmine del caldo e della secca epocale, i prelievi per irrigare i campi superavano di oltre sei volte la quantità d’acqua che ancora scorreva nel fiume.
E non solo. I diritti di prelievare acqua per l’irrigazione sono stati concessi con generosità tale che, se tutti quanti fossero esercitati contemporaneamente, essi richiederebbero ancor più acqua di quella che scorre nel Po.
Al contrario dell’acqua prelevata per usi civili o industriali, quella per l’irrigazione non torna nel fiume. Senza acqua, nei campi cresce ben poco. Ma se il Po di oggi è irriconoscibile rispetto al fiume gonfio d’acqua anche d’estate che compare nelle foto d’epoca, il motivo è proprio l’agricoltura. Infatti cent’anni fa i prelievi d’acqua erano – si stima – un decimo di quelli attuali.
L’ADBPo, l’Autorità Distrettuale di Bacino del Po, ha scattato una foto della situazione più dettagliata di quella disponibile l’anno scorso. “La siccità 2022 ed il commissario straordinario nominato dal Governo hanno dato una grossa spinta alla raccolta dei dati”, spiega dall’ente l’ingegner Paolo Leoni. E snocciola i numeri relativi ai prelievi sui corsi d’acqua nell’area che ricade nella competenza dell’Autorità. Quest’area ricalca con poche eccezioni il bacino del Po: l’acqua sottratta a ciascuno degli affluenti è di fatto sottratta al Po stesso.
“In tutto il distretto, i prelievi d’acqua dai fiumi per attività umane ammontano a 20-24 miliardi di metri cubi all’anno”, dice Leoni. “Circa la metà serve a scopi industriali, energetici o civili, e dopo l’uso è restituita praticamente per intero ai corsi d’acqua. L’altra metà, cioè 10-12 miliardi di metri cubi d’acqua all’anno, è per l’irrigazione. Viene assorbita dalle colture o evapora. Solo una parte trascurabile torna nei canali e nei fiumi”.
Il risultato? Nel corso di un intero anno mediamente piovoso, il volume di acqua che transita in Po all’altezza di Pontelagoscuro “è pari a 46 miliardi di metri cubi”. I 10-12 miliardi di metri cubi assorbiti dall’irrigazione significano che, sempre nell’arco di un intero anno, ogni quattro gocce d’acqua rimaste nel Po c’è solo un’altra goccia scarsa finita nei campi.
Però l’irrigazione non serve durante tutto l’anno. Si concentra fra giugno e la metà di agosto, anche se a volte alcune colture hanno bisogno di acqua già a marzo e poi anche a settembre. E appunto fra giugno e la metà di agosto i prelievi irrigui vampirizzano il Po.
“Quest’estate in media stanno passando nel Po a Pontelagoscuro circa 600 metri cubi di acqua al secondo. Si può stimare che i prelievi irrigui assorbano altri 800-900 metri cubi di acqua al secondo”, riassume Leoni. E cioè: ogni tre gocce d’acqua rimaste nel Po, ci sono altre quattro gocce, o quattro e mezza, andate nei campi.
Ovviamente più il Po è in secca, più i prelievi irrigui pesano sulla sua portata. Nell’estate 2022, “a Pontelagoscuro transitavano 120 metri cubi d’acqua al secondo e i prelievi irrigui assorbivano 750 metri cubi d’acqua al secondo”, dice Leoni. Traduzione: per ogni goccia rimasta nel fiume, ne erano uscite più di sei.
La situazione potrebbe addirittura peggiorare. Infatti se, al culmine dell’estate, tutti i diritti per i prelievi irrigui dal Po fossero esercitati contemporaneamente ed alla massima intensità lecitamente possibile, essi richiederebbero più acqua di quella che scorre nel fiume. Questa informazione figura fra agli atti del Senato dal 2005. Vi si legge che, allora, i diritti di prelievo dal Po per l’irrigazione potevano arrivare, d’estate, a 1.850 metri cubi di acqua al secondo mentre la portata media annua del Po è pari a 1.473 metri cubi al secondo.
L’anno scorso l’Autorità di Bacino, pur non essendo in grado di fornire cifre differenti, aveva definito questo quadro come “frutto di calcoli molto arditi”. Ora invece Paolo Leoni conferma: “E’ proprio così e anzi dal 2005 la situazione, semmai, è peggiorata”.
Le concessioni per i prelievi irrigui sono rilasciate dalle Regioni. Sono a lungo termine e costituiscono diritti acquisiti di fatto intoccabili. In situazioni particolarmente gravi, come nel 2022, le autorità possono lanciare appelli e adoperarsi per concordare una riduzione dell’irrigazione. Dal punto di vista legale e formale sarebbe però difficile imporre tagli o divieti.