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Ecco il piano d’azione “Po Grande 2030”

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Curare l’interazione, lungo il medio corso del Po, fra attività umane ed ambiente in modo che tutti e due ne traggano vantaggio. E dunque favorire il turismo sostenibile diretto verso le bellezze e i prodotti tipici locali e migliorare le condizioni del fiume.

Possono essere sintetizzate in questo modo le oltre 200 pagine di “Po Grande 2030” , il primo piano d’azione pubblicato la settimana scorsa dalla Riserva UNESCO della Biosfera “Po Grande” che si estende sulla parte centrale del fiume. Il piano d’azione mira a creare nel territorio tre tipi di reti: di filiere, prodotti e servizi; di corridoi ecologici su acqua e su terra; di musei, biblioteche e patrimoni culturali locali.

“Po grande 2030” contiene innanzitutto progetti già molto concreti (le “azioni pilota”) che perlopiù hanno finanziamenti certi e che stanno ormai partendo. In un caso è già arrivata perfino la realizzazione: si tratta del recentissimo Portolano del Po. Ci sono poi le istanze e gli interessi espressi dalle comunità locali (le “azioni standard”) che rappresentano più che altro mete future e linee d’azione: il sostegno a favore delle aziende agricole che intendono convertirsi alla produzione biologica, le facilitazioni alla creazione di start-up ecosostenibili, la valorizzazione dei luoghi legati a Giuseppe Verdi…

L’UNESCO, l’agenzia delle Nazioni Unite che protegge i patrimoni culturali di tutto il mondo, nel 2019 ha elevato il Po Grande al rango di una sua riserva inserendola nel MAB, sigla che sta per “Man and the Biosphere Programme”, cioè Programma uomo e biosfera.

Il Po Grande va dalla Lombardia all’Emilia Romagna e al Veneto, estendendosi attorno a circa 250 chilometri del fiume. Si inserisce fra altre due riserve UNESCO: Delta del Po e Collina torinese. Il suo cuore sono le 25 aree protette della rete Natura 2000 situate lungo il fiume. Attorno ad esse c’è la zona cuscinetto, dedicata ad attività eco compatibili, che segue grossomodo rive ed argini. Il resto della riserva, ben più ampio (la superficie complessiva è pari a 2.866 chilometri quadrati) comprende anche città come Piacenza e Cremona ed è caratterizzata da maggiori attività umane. L’ente gestore è l’Autorità di Bacino del Po, che si occupa della segreteria tecnica ed operativa. La cabina di regia è composta da una galassia di amministratori locali, più Università di Parma, Legambiente e coordinatore del Comitato Tecnico Scientifico.

Il piano d’azione della riserva Po Grande discende da un percorso partecipato articolato anche in laboratori territoriali. Le “azioni pilota”, cioè i suoi progetti più prossimi nel tempo e più concreti, prevedono innanzitutto mappature a tappeto della situazione attuale: riguardano fra l’altro servizi turistici, prodotti tipici, aree demaniali e boschi, aree degradate, siti produttivi dismessi, agricoli e non.

La mappatura è una sorta di base su cui si innestano le azioni vere e proprie. Innanzitutto, il turismo diffuso e a basso impatto, a cominciare dalla possibilità di muoversi agevolmente nel territorio senza fare ricorso alle auto private. Dunque soluzioni per attraversare il Po tramite piccole imbarcazioni e sperimentazione triennale di collegamenti intermodali alternativi e sostenibili fra un gruppo di Comuni con lo scopo di porre le basi per trasporti stabili di questo tipo.

Sempre a proposito di turismo, ampio spazio del piano d’azione è dedicato alla trasformazione in un sistema del patrimonio culturale (nel più ampio senso del termine) che gravita attorno al fiume: non solo gli edifici storici o comunque notevoli, ma anche i luoghi in cui è possibile acquistare ed assaggiare i migliori vini e prodotti tipici, gli alberi monumentali, i punti per fare birdwatching e praticare la pesca, le occasioni di intrattenimento tipiche della zona…

E poi la natura, ovvero la sistemazione del corso del Po favorendo il ripristino degli habitat naturali, come peraltro prevede il PNRR che a questo scopo stanzia 357 milioni, ma anche la riqualificazione delle ex cave presenti nelle golene e il ritorno degli storioni che fino a tempi relativamente recenti sono stati protagonisti della piccola storia quotidiana e anche della gastronomia del Po.

Negli ultimi anni, alcuni giovani storioni sono stati immessi nel Po e nel Ticino suo affluente. Il piano d’azione “Po Grande 2030” va oltre, prevedendo che alcuni esemplari liberati nel fiume vengano marcati con un sistema di segnalazione per consentire alle scuole di “adottarli” e di seguire, con l’aiuto di esperti, i loro spostamenti nel fiume.