
di Francesco Nigro. Biologo, guida ambientale, comitato scientifico dei GAF
Questa vuole essere una riflessione assolutamente informale sull’interessante video recentemente pubblicato da CATFISHING ITALIA. Il nostro è un territorio che ha enormi ricchezze, ma anche vari problemi, molti dei quali concatenati, dove il siluro diventa un capro espiatorio notevole. Doversi arrampicare su di un argine per raggiungere le rive di un fiume dovrebbe già accendere dei campanelli di allarme su quanto il territorio è stato stravolto e su quanto gli habitat siano evidentemente cambianti. Trovare un luccio o una tinca ad 800 metri in un bacino idroelettrico ed impazzire per trovarli in pianura dovrebbe di nuovo stimolare un qualche ragionamento.
In un territorio “degradato” le specie più competitive, aliene o meno, trovano terreno fertile con maggior facilità, i disequilibri rendono le comunità autoctone più fragili, questo è evidente. Ma il successo del siluro è solo la punta di un iceberg, sono decine le specie alloctone importate nelle acque interne, diverse specie di gamberi, molluschi, pesci. Un panorama estremamente dinamico dove capita anche che i nuovi equilibri vengono talvolta resettati da “estinzioni locali”. Quante volte sentiamo parlare di morie più o meno estese e sentiamo dire per convenienza o ignoranza, è tutto naturale. è il caldo?
Spesso in un torrente, proprio dopo un piovasco che ha fatto tracimare scolmatori con conseguente aumento del BOD e causando, si una moria per anossia, ma definirla naturale fa venire i brividi. In questi casi fra i pesci boccheggianti spiaggiati a riva, spesso, troviamo proprio “l’indistruttibile siluro”, stanato dai nascondigli, mentre il carassio, “il pesce rosso”, resiste il più possibile ed il gambero va a farsi un giro.
Come ogni predatore il siluro svolge un ruolo nel mantenere la biodiversità, soprattutto nei confronti delle tanto temute specie alloctone invasive, ma di certo ogni situazione va valutata nella sua complessità. E’ poi impossibile non riconoscere nel siluro una scintilla per il fenomeno della pesca abusiva o regolamentata, spesso con permessi di pesca nelle acque interne estremamente facilitati forse proprio per cercare di abbattere la componente alloctona o comunque generalista. Sono poi diffuse dichiarazioni interessanti sul ruolo degli ardeidi e dei pelecaniformi nel mantenimento della biodiversità abbattendo la componente aliena invasiva.
Dichiarazioni curiose perché l’aumento della pressione di questi animali deriva in buona parte da queste presenze esotiche ed il loro peso sulla biodiversità in senso lato (sulla fauna minore) è notevolissima. Ringraziamo gli alloctoni ibis sacri, sempre più frequenti, perché ci mangiano i misgurni? Non sono equilibri recuperati, sono equilibri nuovi, sempre se di equilibri si può parlare. Ed in tutto questo cacciare, quale giovane testuggine palustre italiana, specie di interesse comunitario, si salva in acqua o fuori dall’acqua? Scateniamo reazioni a catena ogni volta che inseriamo una specie di successo. Rimane la domanda: c’era bisogno di rilasciarle?
Per qualcuno evidentemente si. Errori, egoismo, buonafede, pianificazione territoriale e prassi (es. classico era la gambusia), importa poco, dato che nei sistemi aperti, ora non si può tornare indietro, tanto vale farsene una ragione e nel caso del siluro, riconoscere il ritorno sociale ed economico di un’attività ludica di questo genere, che può o meno essere condivisa a seconda dei gusti, ma è sicuramente radicata e caratterizzante almeno per il Po.
Chi oggi percorre le rive o naviga il Grande Fiume difficilmente può dire il contrario. Forse quando l’uomo capirà che spesso il modo migliore per conservare e rispettare la biodiversità non è maneggiare animali cercando di toglierli o metterli, ma rispettare, potenziare e diversificare gli habitat, si faranno grandi passi avanti.