
Casualità, prodigio, miracolo, o leggende. Gli interrogativi si mescolano e, come spesso accade, posizionano su fronti differenti credenti e non credenti, possibilisti e scettici. La devozione mariana delle popolazioni rivierasche si è manifestata in tanti luoghi, dell’una e dell’altra sponda, con la costruzione di chiese, cappelle e oratori. Ma siamo certi che si tratta di una di quelle vicende che probabilmente, non potrebbero mai trovare una risposta in grado di accontentare tutti.
Dal Monviso al mare, 652 chilometri di misteri, leggende, storie e vicende umane che si fondono, ancora una volta, tra loro. Santi e demoni, streghe draghi e mostri, il Po parla anche di questo.
A poca distanza dalle sorgenti, a Crissolo (CN), spicca la splendida grotta di Rio Martino, nota fin dalla preistoria. La grotta è stata scavata dall’irruente volontà di scendere verso il basso delle acque dei torrenti subglaciali raccolte sotto i seracchi e in fondo ai crepacci del grande ghiacciaio che ha modellato la Valle del Po.
Nel Medioevo si riteneva fosse abitata da spiriti maligni ed esseri infernali. Nel grande antro convenivano persone sospette, le quali in riunioni orgiastiche con esseri infernali e streghe perpetravano malefizi che puntualmente si manifestavano con temporali, valanghe e altre calamità.
Verso la fine del ‘500 la grotta fu esorcizzata dai Gesuiti saliti a Crissolo per riconvertire al Cattolicesimo alcuni dei crissolesi passati alla fede protestante. Si dice che furono gli stessi Gesuiti a intitolare la grotta all’inquisitore Martino Delrio. Da quel giorno cessarono i sabba nella grotta che fu visitata nell’anno 1609 dal Cardinale Cinzio Albobrandi nipote di Papa Clemente VIII e dal Cardinale Cesareo.
Mille anni fa dire “Va a Staffarda” era esattamente come dire “va all’Inferno”, il terreno allora paludoso, ma molto boschivo fu bonificato proprio dai Cistercensi che risanarono, l’intera zona facendo defluire le acque con un ingegnoso sistema di canali, visibili e soprattutto funzionanti ancora oggi. All’Abbazia di Staffarda (CN), scrigno di numerosi reperti archeologici, ecco invece l’osso di un gigantesco pesce . Questa “costola di un enorme vertebrato” appesa nel chiostro era accompagnata dalla scritta“piscis prodigiosus”, a memoria di un enorme pesce trovato in un canaletto adiacente l’abbazia dopo la preghiera dei monaci. Li sfamò per circa 3 mesi durante una terribile carestia.
Mentre al Santuario della Madonna del Pilone di Torino, all’epoca, era presente soltanto un piccolo mulino sul fiume Po detto “delle catene”, una cappella e un piccolo pilone votivo dedicato alla Vergine Annunziata. Resta vivissima la memoria di un evento prodigioso datato 29 aprile 1644, quando la Vergine apparve sul Po in piena salvando la vita di una ragazzina che, poco prima, era caduta in acqua.
La cronaca ci tramanda che mentre una madre aspettava che il mugnaio le restituisse la sua farina, la figlia si allontanò da lei per giocare senza accorgersi che si stava avvicinando pericolosamente alle sponde del fiume. Ad un tratto la donna sentì un urlo della figlia che non vide più accanto a lei, e si rese conto che era caduta in acqua dove stava annaspando tra i flutti limacciosi. Il primo impeto della madre fu quello di inginocchiarsi disperata davanti ad un pilone votivo, costruito accanto al mulino nel 1587, che raffigurava l’Annunciazione della Santa Vergine. E fu questione di un istante: una luce scese dal cielo ad illuminare il punto esatto in cui si trovava la figlia in balia delle acque, che venne salvata da alcuni uomini che si gettarono nel fiume. Si sparse immediatamente la voce del miracolo e dopo gli accertamenti di rito si approvò il miracolo ed il popolo eresse, nel 1645, una chiesa che divenne parrocchia il 2 marzo 1807.
Storie di miracoli e di fantasmi scuotono la quiete di Arena Po (PV). Nel 1590, dopo i fatti miracolosi, si procedette alla costruzione del santuario caratterizzato da navata unica con cappelle laterali; l’edificio liturgico fu notevolmente arricchito nelle decorazioni interne e negli arredi durante tutto il ‘700. La leggenda di fondazione del santuario è riportata in un libro edito nel 1750 a opera del Parroco Mogliazza di Arena Po, conservato nell’archivio parrocchiale, ed i miracoli sono in gran parte testimoniati dalle fonti orali e dagli ex voto.
A Calendasco (PC), il 19 febbraio si festeggia il patrono san Corrado Confalonieri. La festa del santo patrono è particolare per la grande processione che si snoda dall’eremo del santo alla chiesa parrocchiale di Calendasco. Segue il dono dei ceri e la benedizione e distribuzione ai devoti, del “pane degli angeli” benedetto, a ricordo del miracolo che il Santo Corrado avrebbe compiuto durante la terribile carestia che colpì la Sicilia negli anni 1348/49 causata dalla peste nera. Secondo la leggenda, in quel periodo, chiunque si rivolgesse a Corrado, non tornava a casa senza un pane caldo, impastato direttamente dalle mani degli Angeli.
Nel Lodigiano non manca di affascinare la celebre vicenda del lago Gerundo e del drago Tarantasio. Si suppone fosse un vasto specchio d’acqua stagnante, a regime instabile, situato a cavallo dei letti dei fiumi Adda e Serio. Le fonti storiche antiche non ne danno alcuna descrizione. Il lago, infatti, è conosciuto più per la tradizione orale, mentre secondo i dati geologici esso sembrerebbe essere esistito in età preistorica.
La fantasia popolare narra che un tempo, nelle acque del lago Gerundo, vivesse un drago di nome Tarantasio che, avvicinandosi alle rive, faceva strage di uomini e soprattutto di bambini e che ammorbava l’aria circostante con il suo alito asfissiante. Le esalazioni, in effetti, erano dovute alla presenza nel sottosuolo di metano e di idrogeno solforato, un fenomeno misterioso per la popolazione che, pertanto, incolpava esseri sconosciuti e fantasiosi. Il fantomatico mostro, secondo la leggenda, fu ammazzato da uno sconosciuto eroe che prosciugò anche il lago. Altri non era che il capostipite dei Visconti di Milano che, dopo tale prodezza, adottò come suo stemma l’immagine del biscione.
Meno nota, ma inquietante, è la vicenda dei Morti della Porcara a Mezzano Passone di Sopra (LO) dove una cappellina testimonia ancora oggi la presenza di un vecchio cimitero in cui, oltre ai locali, riposavano i morti di peste e i soldati iberici e ungheresi uccisi in combattimento. La nascita della devozione ai Morti della Porcara è documentata da una lettera scritta il 26 agosto 1751 dal Rettore di Corno Giovine don Nazzari alla curia Vescovile di Lodi. Da allora sul luogo ove si raccoglievano i devoti fu eretta una gran croce, poi sostituita nel 1853 dall’attuale Cappella allungata, nel 1938, con l’aggiunta di un piccolo porticato. Le ossa furono ritrovate, casualmente, da un gruppo di maiali al pascolo. Da qui il nome “i Morti della Porcara”.
Sulla riva opposta, a Piacenza, nota è la vicenda del miracolo del santo vescovo Savino che fece incredibilmente tornare le acque del Po nel loro alveo durante una alluvione. La leggenda narra che secoli or sono il santo abbia scongiurato una devastante inondazione, la più terribile che a memoria d’uomo si ricordi. Supplicato dalle angosciate preghiere della popolazione quasi rassegnata all’imminente distruzione del proprio paese, San Savino intervenne placando la furia del Po, scrivendo una dura lettera indirizzata al fiume affinché, in nome di Gesù Cristo, placasse la propria furia. “Vade, hoc scribe et in acquam eiusdem Fluminis proijice!” (Vai e gettalo nelle acque del fiume!) disse al fidato notaio, al quale consegnò il proprio (intimatur).
Il Po, intimorito da tanta risolutezza, per quella volta almeno, si arrese ad una volontà superiore. E ancora ai giorni nostri, quando il fiume minaccia di rompere gli argini ed invadere la pianura della Bassa, una piccola statua di San Savino spesso compare come ultimo simbolico baluardo a difesa della campagna e dei suoi abitanti, quasi a voler accendere la speranza con il ricordo di un miracolo accaduto secoli or sono.
La chiesetta del Po a Polesine Parmense (PR) dedicata alla Beata Vergine di Loreto, chiamata anche “Madonnina del Po”, trae origine da un’antica immagine della Madonna qui custodita, che un ignoto pittore dipinse in una cappelletta posta sulla riva del Po, quale atto di devoto omaggio alla Vergine protettrice della zona da alluvioni e sciagure derivanti dalla vicinanza del fiume.

Il Po, che da sempre accompagna le vicende delle popolazioni rivierasche, è riuscito con le sue acque a raggiungere e ad invadere la chiesa, negli ultimi decenni, in ben tre occasioni: nel 1951, nel 1994 e nel 2000, ma come confermano fedeli ed anziani, in tutte e tre le occasioni, il Po si fermò sempre ai piedi dell’effige della Vergine.
Non a caso, un detto locale piuttosto ricorrente quando si parla di questo luogo, afferma che: “Il Po non bagna i piedi della Madonna”. E così, di fatto, limitandosi ad invadere la sola golena, non allagò mai né il borgo né tantomeno gli altri paesi della zona.
Solo ad una manciata di chilometri da qui, a Pieveottoville (PR), spicca, anche lei in golena, e a ridosso dell’argine maestro, la chiesa della Madonna della Visitazione, detta anche Madonnina del Po o Beata Vergine delle Grazie. La sua storia prende avvio proprio da un fatto prodigioso avvenuto nell’anno 1592 quando una precedente cappella, che conservava un’immagine taumaturga della Madonna, non fu raggiunta dalle acque del Po che invasero invece il circondario.
A Governolo, frazione di Roccoferrato (MN), è passata alla storia la vicenda della pietra delle paludi, una pietra con strani segni incisi sopra, ritrovata da un giovane pescatore sulle rive del fiume, che guarì prodigiosamente dalla febbre.
Sarebbe stata donata da una strega ad un uomo che voleva accertarsi della fedeltà della moglie e che poi venne fatto affogare tra le acque del Mincio e del Po, colpevole di aver deriso la vecchia strega. La pietra, che causò poi alcune disavventure al pescatore che l’aveva ritrovata, fu quindi rigettata nel Po causando un incredibile moria di pesci. Moria che ebbe fine solo dopo una novena di preghiere grazie alle quali le acque furono ripulite da demoni e dannazioni.
A Borgoforte (MN) si parla dei locali fantasmi, quando il paese era un punto cruciale del commercio fluviale e nodo di raccordo per i Gonzaga.
Sempre in provincia di Mantova nel Santuario della Beata Vergine delle Grazie a Curtatone, stupisce il visitatore che entra nel Santuario, un coccodrillo imbalsamato è appeso al soffitto al centro della navata. Si tratta di un vero e proprio coccodrillo, che è stato collocato nella chiesa nel XV o XVI secolo. Legati al “coccodrillo delle Grazie” e alla sua derivazione sono nate diverse leggende e teorie: c’è chi riporta la sua fuga da uno zoo esotico privato di casa Gonzaga e chi ha elaborato racconti più vicini alla natura miracolosa dell’evento: “due fratelli barcaioli stavano riposando sulla sponda del fiume quando uno dei due venne assalito dal coccodrillo. L’altro, chiedendo l’intercessione divina, si armò di coltello e riuscì a uccidere il predatore”.
La memoria popolare e le cronache del tempo riportano spesso la “miracolosità” del suolo delle Grazie. A questa “miracolosità” si devono di conseguenza le grazie e quindi i doni per grazia ricevuta, gli ex voto; pare infatti che la chiesa in passato fosse letteralmente cosparsa di armi di ogni genere, bandiere e gonfaloni e che dal soffitto pendessero imbarcazioni, oltre ovviamente alle statue polimateriche dell’impalcata e le formelle in cera riproducenti parti del corpo che sono ancora presenti. Una curiosità è la presenza del pallone che permise la promozione in serie A della squadra di calcio del Mantova nel 1961.
In Italia si trovano altri due coccodrilli appesi in due chiese, uno imbalsamato lungo circa tre metri, si trova nel Santuario della Madonna delle Lacrime, detto anche Chiesa parrocchiale di Santa Maria Annunziata di Ponte Nossa in Val Seriana. La presenza del rettile, documentata fin dal 1594, secondo la tradizione sarebbe dovuta al dono di un commerciante che, imbattutosi nell’animale presso Rimini, riuscì ad ucciderlo dopo aver invocato l’intercessione della Madonna di Ponte Nossa. È tuttavia probabile che il mercante lo abbia acquistato presso la città adriatica. Un’altra versione popolare narra invece che l’animale infestasse le acque del Serio, e che alcuni abitanti lo avrebbero catturato e collocato nel santuario come ringraziamento alla Madonna.
L’altro si trova nella Chiesa di Santa Maria delle Vergini (Macerata). La leggenda ci racconta che alla fine del Cinquecento un coccodrillo comparve lungo le rive del fiume Chieti facendo strage di animali e catturando un bambino. Il padre inseguì la bestia con un forcone e, invocato l’aiuto della Vergine Maria, riuscì a trafiggerlo. La bestia fu impagliata e appesa a un gancio su uno degli archi della navata della sinistra della chiesa, dove è visibile ancora oggi. Due storie lontane dal Po, ma entrambe ci portano sulle rive di altri corsi d’acqua: il Serio e il Chieti.
A Crespino (RO), c’è il luogo dove, secondo la leggenda, sarebbe caduto tra le acque del Po Fetonte, uno dei più popolari personaggi della mitologia greca. Le sue sorelle, secondo quanto tramanda la leggenda, piansero lacrime così abbondanti da impietosire gli dei che le trasformarono in pioppi.

Mentre tra Ro Ferrarese (FE), Polesella (RO), Frassinelle Polesine (RO), e Pincara (RO), da anni si parla della vicenda di una strana e grande creatura, definita Homo Saurus. Un extraterrestre, un rettiliano, un mostro o un semplice frutto della fantasia? Un interrogativo che continua ad affascinare e non smette di rendere inquietante il mondo del Grande fiume.
Due miracoli sono indubbiamente legati al mondo della navigazione fluviale: “Il miracolo di Loreo, e quello della Madonna della Stella di Pavia“, molto similari tra loro, entrambi legati al mondo dei barcaioli e delle attività commerciali sul Po.
Nella chiesa della SS. Trinità di Loreo (RO), è stata portata da pochi anni, una tela che prima si trovava nella chiesa della Madonna del Pilastro, una delle più antiche del Polesine e ristrutturata nel 1553. Raffigura un miracolo accaduto nel 1500 e di cui sono stati protagonisti la Madonna in vesti di povera vecchia donna in cerca di un rifugio per trascorrere la notte, e dei barcari. E’ sera, due rascone (chiamate anche barche di Pavia), sono ormeggiate in riva al Po di Levante, si avvicina una vecchia donna malandata e chiede ospitalità per la notte. Il primo barcaro, un giovane, risponde: “si il posto te lo darei, ma se tu fossi più giovane però“. Allora la vecchia si rivolge al secondo barcaro che invece le concede ospitalità trovandole il posto per dormire, dopo averle dato da mangiare. All’alba il mozzo si alza per preparare il caffè al comandante della barca. E’ ancora buio e mentre lavora esclama: “Mi par di sentire il campanon di Cremona“. “Va là salame“, risponde il comandante. Ma poco dopo salendo in coperta costatano di essere proprio a Cremona. L’ospite intanto è scomparsa. Era la Madonna, che nella notte aveva fatto trasportare da tre angeli la barca da Loreo a Cremona e poi era salita in cielo. I barcari aggiungono che l’altra barca, sempre nella notte, era colata a picco.

Anche Pavia ha la sua leggenda, quella della: “Madonna della Stella”, similare a quella di Loreo. Si racconta di un gruppo di barcaioli pavesi che si trovavano a Venezia per caricare merce pregiata da portare a Pavia. Sarebbe stato un viaggio lungo e faticoso, minimo otto giorni di navigazione per risalire la corrente con la sola forza delle braccia. Quasi tutte le barche, come di consueto, si erano fermate per la notte subito dopo l’ingresso nel Po, e avrebbero iniziato la risalita la mattina seguente. All’improvviso, comparve loro una donna che chiese per sé e per il piccolo bambino che portava in braccio un passaggio fino alla città lombarda. La signora chiese invano, perchè adducendo futili motivi tutti le rifiutarono il passaggio. Alla fine un barcaiolo, vista l’insistenza della donna, e vedendole il piccolo in braccio acconsentì e la prese a bordo per la notte. Divise con lei la misera cena, una tazza di brodo con qualche pezzo di pane raffermo, e dopo la fece accomodare nella sua cabina. La donna ringraziandolo le disse: “domani mattina sarete a Pavia”. Il padrone sorrise e si ritirò con i marinai sottocoperta per la notte.
Coricatosi pensò alle parole della donna e uno strano tepore lo avvolse, e tutti dormirono più profondamente del solito sognando di essere già arrivati a destinazione. Al mattino successivo, uno dei marinai si rese conto che erano giunti proprio a Pavia e la città gli apparve imbiancata di neve. Tutti furono svegliati dalla sorprendente notizia, ma nella confusione la donna e il bambino erano spariti. Dopo inutili ricerche, gli uomini notarono che sulla neve fresca erano comparse delle orme d’oro, seguendo le quali i marinai intravidero la signora entrare nella porta spalancata della chiesa di Santa Maria in Betlem. Entrando notarono sul primo altare a sinistra una Madonna con il Piccolo Gesù in braccio e una grande stella tra le dita, che somigliava in modo incredibile alla donna che aveva viaggiato con loro quella stessa notte. Comprendendo la natura del miracolo di cui erano stati protagonisti, gli uomini caddero in ginocchio ed elevarono un inno di ringraziamento alla Madonna. Tempo dopo i marinai di quella barca seppero che durante quella notte, lungo il corso del Po e del Ticino, molti abitanti dei paesi rivieraschi avevano visto la loro nave procedere silenziosamente sotto la guida di una grande stella, quella dei mari.