
Ancora nessun caso risulta accertato a Ferrara, nonostante in Regione nelle ultime 48 ore i contagiati siano praticamente raddoppiati: mercoledì pomeriggio erano 47, oggi si è arrivati a 97. Le città interessate sono principalmente Rimini, Piacenza, Modena e Parma.
Il caso del Covid-19 coinvolge comunque la politica estense, che questa settimana si è riunita in consiglio per affrontare l’annosa questione. Il Sindaco Alan Fabbri ha ringraziato i suoi cittadini per il senso civico dimostrato e la “capacità di fare squadra” il riferimento è rivolto in particolare “alle forze dell’ordine sempre presenti sul territorio, i dipendenti pubblici che compiono ogni giorno il loro dovere per garantire il buon funzionamento dei servizi, i tanti volontari gli imprenditori e commercianti che con tenacia tengono viva la città e la nostra economia”. In questi giorni il primo cittadino ha incontrato i referenti delle associazioni e i rappresentanti delle categorie del territorio per condividere le strategie da mettere in campo per fronteggiare l’emergenza.
In attesa della prossima seduta, che si terrà il 2 marzo, Fabbri dispone che “lunedì sarà l’occasione giusta per fare partecipi tutti i consiglieri comunali, di maggioranza e di opposizione, della situazione che ci troviamo ad affrontare. Con una informativa ad inizio seduta illustrerò lo stato di applicazione delle indicazioni della Regione per fronteggiare l’emergenza e le scelte che la nostra amministrazione sta mettendo in campo per arginare gli effetti economici negativi su famiglie e imprese”.
Nel frattempo UNIFE ha annunciato la sospensione delle lezioni e di tutte le attività didattiche del polo universitario fino a lunedì 1 marzo. La stessa misura è stata estesa al resto degli istituti scolatici, in ottemperanza al provvedimento regionale. Si vuole scongiurare il rischio che gli studenti, provenienti dalle province in cui sono stati accertati casi di Coronavirus, possano contribuire a diffondere il contagio. Quella rivolta alle università è una mera misura precauzionale disposta dal rettore Zauli e si rivolge ad oltre 2000 studenti iscritti in città.
Per le medesime ragioni l’assessore regionale alla sanità, Venturi, reputa oggi “probabile la proroga della chiusura delle scuole” e di tutti gli istituti scolastici, anche oltre il primo marzo.
Sono poco più di un migliaio i tamponi effettuati sul territorio regionale ma, fortunatamente, la maggior parte dei pazienti che hanno contratto il virus si trova in condizioni non gravi, e sono molti ad essere asintomatici o con sintomi molto modesti: con tosse e febbre lieve. Solo tre pazienti si trovano in terapia intensiva.
Le recenti indicazioni nazionali stabiliscono la necessità di fare il test tampone solo in caso di sintomi manifesti, mentre i 97 casi di contagio da Covid-19 sono stati accertati sia su pazienti che mostravano segni evidenti della malattia, sia su persone completamente asintomatiche. L’aumento del numero di contagiati nei prossimi giorni è, perciò, destinato probabilmente a calare.
Quello che invece pare dilagare è la “sindrome da Coronavirus”, anche tra i ferraresi. Nei primi giorni di diffusione delle notizie alcuni supermercati sono stati letteralmente svuotati dei prodotti igienici e antibatterici. Nelle farmacie sono presto finite le mascherine. Al Bricoman l’intero reparto delle maschere da lavoro, dotate di filtri antiparticolato, è esaurito. I luoghi di ritrovo e di aggregazione, che restano liberi e fruibili, stante l’assenza di ordinanze o divieti di frequentazione, contano molte meno persone del solito. La paura del contagio si è insinuata nella mente delle persone prima ancora dell’arrivo del virus, non solo a Ferrara, ma in tutto il paese.

Ma quanto è realmente grave l’allarme Coronavirus? La domanda non è scontata, soprattutto per chi abita nel nostro territorio, che è tra i primi in Europa per tasso di decessi dovuti ad inquinamento atmosferico. Proprio nel comune estense, ogni anno, si registrano sforamenti record di PM10 e 2,5 e l’European Environment Agency, che monitora la qualità dell’aria in Europa, ha lanciato un allarme paragonabile a quello del Covid-19 ma che, differentemente dal virus, è rimasto inascoltato.
Alcuni ricercatori hanno svolto un calcolo semplice, confrontando i morti per malattie legate alla qualità dell’ambiente in Italia resi noti dall’OMS, ai morti della Seconda Guerra Mondiale. Durante l’ultima guerra, in cinque anni e mezzo, sono morti per cause dirette e indirette, 291.376 militari e 153.147 civili. In totale sono 444.000 morti. In Italia, ogni anno, muoiono prematuramente per inquinamento dell’aria 87.000 persone. Quindi in cinque anni e mezzo, cioè la durata della guerra, risultano 478.000 morti. “Più morti che in guerra” titolava l’allarme, datato 2018.
Il virus è un problema reale, ma non è il solo e forse non il più grave, nonostante negli ultimi giorni sia certamente il più sentito. Vi sarebbero tanti altri problemi che minacciano la nostra salute e il nostro futuro, di cui però i cittadini sembrano avere scarsissima percezione.
Un tipico esempio è rappresentato dal cambiamento climatico che sta stravolgendo gli equilibri del mondo, mietendo migliaia di vittime, ma che pare assumere apparentemente minore rilievo rispetto alla diffusione del virus.
Eppure secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) le infezioni virali, batteriche, o da parassiti pare siano strettamente legate al cambiamento climatico. Giuseppe Miserotti, medico e membro di Isde, sostiene che “L’uomo abita una Terra che in realtà è abitata da altri organismi. Ma è evidente che se cambiano le temperature, l’aria, la pioggia, il suolo, gli equilibri vengono alterati. Va tenuto conto che ci sono miliardi di virus in circolazione, che hanno origini diverse”.
L’emergenza più grave sarebbe perciò il riscaldamento globale secondo l’OMS, e non tanto l’epidemia, perchè se esso non si arresterà, in futuro potrebbero emergere nuove malattie, ancora peggiori di quelle conosciute sino ad ora.
Le alte temperature interagiscono anche con il nostro sistema immunitario. “Il nostro corpo ha sistemi raffinati che lo regolano in modo che possa bloccare ogni invasione. Infatti quando ci ammaliamo ci viene la febbre, che stimola il sistema immunitario e rende difficile la sopravvivenza all’ospite indesiderato. Per questo non dovremmo prendere gli antifebbrili” – sostiene Miserotti.
I cambiamenti climatici comportano una serie di mutamenti e squilibri all’ambiente, causando la migrazione di animali, l’ambientamento a climi differenti, il successivo adattamento dei patogeni e, di conseguenza, la loro maggiore diffusione territoriale.
L’Oms ritiene che una delle più grandi conseguenze del cambiamento climatico sarà proprio l’alterazione dei processi di trasmissione di malattie infettive.
“Gli effetti microbiologici potrebbero essere preoccupanti. Il nostro colon non è solo un contenitore per le feci, ma una macchina straordinaria che ospita milioni di batteri che, oltre a produrre serotonina, controllano la nostra digestione e ci proteggono contro le infezioni. Ma se la microbiologia del suolo viene alterata, cambierà anche quella del nostro intestino” – dice Miserotti.
La globalizzazione, la libera circolazione delle persone e merci, l’utilizzo massivo di pesticidi nell’agricoltura intensiva e di farmaci in allevamento comporta anch’esso l’insorgere di nuove patologie. Ed infatti, dagli anni Settanta, esse sono apparse a un ritmo di una all’anno e ora sono 40 quelle che, solo una generazione fa, non si conoscevano.
Il sistema globalizzato in cui viviamo fa sì che le malattie si diffondano geograficamente in maniera velocissima.
Tra le cause di diffusione l’Oms cita proprio “il traffico aereo, che con oltre 2 miliardi di passeggeri permette di spargere un’epidemia in qualsiasi punto del mondo, in poche ore”.

L’ambiente è stato plasmato e leso dalle attività umane in tempi brevissimi. Si è andato così a turbare profondamente l’autoregolazione dei sistemi naturali, perfezionata in millenni di evoluzione. Per l’OMS questi cambiamenti facilitano il proliferare di epidemie.
Ci troviamo oggi a vivere in un mondo fragile, precario, privato della biodiversità, soggetto a sconvolgimenti sempre più frequenti e incontrollabili. Siamo in pericolo è vero, ma non solo a causa del virus.
Ciò che distingue il Covid-19 e il rischio causato dagli sconvolgimenti climatici è solo la reale percezione del pericolo. Troppo spesso si giudica da un’ottica antropocentrica, ponendo l’uomo come solo artefice del proprio futuro, dimenticando che invece tutti gli elementi del mondo, uomo compreso, sono collegati.
Se l’essere umano provoca squilibrio all’ambiente in cui vive, è destinato poi irrimediabilmente a subirlo. Il Coronavirus, in tal senso, apparirebbe come un segnale d’allarme, un’avvisaglia di quanto il nostro stile di vita sia insostenibile. Un richiamo ad intervenire per regolare quel sistema perfetto che abbiamo turbato.