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Alluvione Bassa Modenese. La commissione dice: colpa di tassi, volpi e istrici

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Come riporta la Regione Emilia-Romagna, conclusi i lavori della Commissione scientifica istituita dalla Regione per analizzare e valutare le cause del cedimento dell’argine destro del fiume Secchia, avvenuto il 19 gennaio in località San Matteo, frazione del comune di Modena. Il presidente della Commissione Luigi D’Alpaos, affiancato da tutti i colleghi che ne fanno parte, ha illustrato ai consiglieri regionali in Commissione Territorio, Ambiente e Mobilità i risultati del lungo lavoro svolto in questi mesi e basato su prove geotecniche in campo e di laboratorio, concludendo che “appare del tutto verosimile che l’argine abbia collassato per effetto dell’interazione tra la piena e un articolato sistema di tane di animali selvatici, presente nel corpo arginale, che ne ha ridotto la resistenza.

La nostra risposta – ha affermato – può essere considerata apparentemente semplice, ma si basa su una verità scientifica che ha comportato l’applicazione di analisi e metodi complessi”. In relazione al problema delle tane, il professore ha precisato che “la presenza di questi animali è un fenomeno emergente, in quanto non si tratta di nutrie ma di tassi, volpi e istrici, insediati in questo territorio soltanto da qualche anno a questa parte”.

Per interventi urgenti di messa in sicurezza idraulica dei bacini dei fiumi Secchia, Panaro e Naviglio, l’assessore Gazzolo ha annunciato lo stanziamento di ulteriori 23 milioni di euro resi disponibili dalla quinta ordinanza firmata dal Commissario delegato. Ad essi si aggiungono 6 milioni destinati al ripristino delle opere pubbliche e di interesse pubblico previsti dalla quarta ordinanza.

Le spiegazioni della Commissione
Il professor D’Alpaos ha ricostruito e spiegato le cause del collasso arginale, dettagliatamente illustrato anche nella relazione tecnico-scientifica stilata dalla Commissione, mettendo in luce come “le piogge cumulate dal 15 gennaio al 4 febbraio non siano state di particolare intensità, ma persistenti nel tempo; tali, quindi, da poter ipotizzare un volume d’acqua fuoriuscito tra i 36 e i 38 milioni di metri cubi e un colmo dell’onda di piena superiore ai 400 metri cubi al secondo”.

Il fenomeno può essere spiegato secondo due schemi di innesco, che possono aver agito singolarmente o in combinazione fra loro, comportando un ribassamento della sommità dell’argine con conseguente sormonto da parte della corrente fluviale. In seguito all’attivazione del sormonto, la breccia si è evoluta rapidamente, nell’arco di poche ore, approfondendosi e allargandosi per effetto dell’erosione prodotta dalla corrente fluviale in uscita, caratterizzata da un’elevata velocità.

Un primo tipo d’innesco è analogo a quello osservato sull’argine destro del fiume Panaro nel pomeriggio dello stesso 19 gennaio 2014. Il fenomeno si sviluppa inizialmente attraverso un processo di progressiva erosione interna, favorito dal sistema di tane presenti nel corpo arginale, eventualmente indebolito dalla precipitazione diretta al suolo. Una volta che è stato asportato un sufficiente quantitativo di materiale, la parte dell’argine sovrastante le cavità crolla, provocando un notevole ribassamento della sommità arginale.
Un secondo tipo d’innesco può essere ricondotto alla progressiva instabilità geomeccanica del corpo arginale, localmente indebolito dalla presenza delle cavità e favorito dalle condizioni di parziale saturazione indotte dalla piena e dalle precipitazioni dirette al suolo. La riduzione di resistenza a taglio dei terreni, indotta dalla loro saturazione anche locale, può causare una significativa diminuzione del grado di sicurezza della struttura arginale nei confronti della stabilità.

Secondo la Commissione, entrambi gli schemi dimostrano – pur nei limiti delle incertezze insite nelle variabili idro-meteorologiche di controllo, nella parametrizzazione dei modelli, nelle descrizioni matematiche dei complessi fenomeni naturali considerati – una soddisfacente consistenza tra i risultati ottenuti e le osservazioni disponibili.

Tra le possibili cause prese in esame per capire la dinamica del cedimento arginale, sono state invece escluse quelle classiche note in letteratura: erosione per sormonto, erosione al piede e filtrazione al di sotto del corpo arginale con conseguente sifonamento.

L’erosione per sormonto dell’argine è stata esclusa poiché i livelli idrici massimi raggiunti sono stati molto inferiori (almeno di 1,25 metri) alla sommità arginale. L’erosione al piede dell’argine per effetto di un eccesso di tensione prodotta dalla corrente rispetto a quella massima sopportabile non è stata ritenuta plausibile perché le fotografie scattate nelle prime ore dopo l’apertura della breccia testimoniano la presenza della vegetazione arbustiva, che ha resistito anche all’aumentata azione erosiva della corrente in uscita dalla breccia. Inoltre, le testimonianze oculari hanno evidenziato che il fenomeno di formazione della breccia arginale è partito dall’alto, sviluppandosi gradualmente verso il basso.
Infine, per la stessa ragione è stata esclusa la possibilità che l’argine sia collassato a causa dell’erosione lungo cavità prodotte dallo sradicamento della vegetazione in alveo da parte della corrente: le fotografie aeree evidenziano che gli alberi cresciuti nell’alveo fluviale erano ancora presenti nelle prime fasi dopo l’apertura della breccia.