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Acqua fa acqua, da tutte le parti

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Il 22 marzo si è celebrata la giornata mondiale dell’acqua. La ricorrenza risale al 1992 quando l’Onu la istituisce all’interno dei programmi dell’Agenda 21, lavoro scaturito dal Summit della Terra di Rio de Janeiro. Una delle grandissime priorità per il futuro è la tutela e buona gestione di questo bene primario così fondamentale per la nostra sopravvivenza. Noi siamo acqua, dall’acqua nasciamo ed è grazie all’acqua che riusciamo a vivere. Eppure non l’abbiamo trattata con la cura che un bene così essenziale richiederebbe. L’acqua è un bene comune ma neppure questo principio è universalmente applicato, anzi. Per il possesso del prezioso liquido nel mondo nascono conflitti e guerre.

E in Italia? Legambiente risponde alla domanda grazie al dossier Acque in rete presentato proprio in occasione del World Water Day. La situazione che ne emerge non è ottimale: la rete degli acquedotti “fa acqua da tutte le parti” e una sua buona parte si perde in tubature vecchie e fatiscenti. La dispersione nelle condutture ha un valore del 26% nelle città metropolitane del nord – Milano, Bologna, Torino e Firenze – e la media nazionale sale al 37%.

Legambiente non denuncia solo la trascuratezza nella gestione della quantità ma anche della qualità: i depuratori per circa trenta milioni di italiani sono inadeguati e non conformi alle direttive europee. Ad oggi sono quattro le procedure di infrazione a carico dell’Italia (due delle quali già sfociate in condanna) relative alla non conformità del servizio depurativo alla Direttiva 91/271/CEE sul trattamento delle acque reflue. Situazione che è già costata al nostro paese ben 77 milioni di euro.

Acqua sprecata, acqua inquinata, mal gestita e in questi giorni anche poca. Secondo Coldiretti siamo di nuovo di fronte ad un nuovo allarme siccità: al Ponte della Becca siamo a meno 2,6 mt, lo stesso valore registrato ad agosto 2020: “lo stato del più grande fiume italiano è in realtà rappresentativa di una situazione di carenza idrica che riguarda anche il lago di Como che a Malgrate si trova sotto la media del periodo con un livello di riempimento del 12%”.

Nella stessa direzione vanno anche le dichiarazioni dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e della Acque Irrigue (Anbi). Francesco Vincenzi presidente Anbi parla di un carattere torrentizio anche del nostro fiume più grande, il Po, che registra in questi giorni un ritardato periodo di magra pur tipico della stagione invernale. Siamo a -24% rispetto la media anche se allevia la situazione la riserva idrica disponibile sia in neve che nei bacini idrici.

Una situazione ormai abitualmente altalenante che richiede interventi veloci e decisi per aumentare la capacità di trattenere e usare al bisogno l’acqua che annualmente cade sul nostro territorio. Sempre il presidente di Anbi ci dice che in Italia cadono circa “1000 millimetri di pioggia (quasi mm. 2.000 in alcune zone del Friuli-Venezia Giulia e della Liguria e solo mm. 300 su aree della Puglia), pari ad un volume complessivo di circa 300 miliardi di metri cubi, oltre la metà dei quali, però, vengono restituiti in atmosfera attraverso l’evapotraspirazione; si calcola, quindi, che il patrimonio idrico potenzialmente a disposizione sia di circa 110 miliardi di metri cubi, di cui solo 53 miliardi realmente utilizzabili”.

Potenziamento e aumento degli invasi sono soluzioni su cui puntare anche per l’Autorità di Bacino distrettuale del fiume Po.