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Ci vorrebbe una bella pioggia gentile

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Ormai il maltempo è il contrario della definizione che ne danno i dizionari. E’ diventata maltempo l’ennesima giornata di caldo e di sole. Una pioggia gentile e ragionevolmente duratura rappresenterebbe invece il bel tempo del quale invano si spiano i segni premonitori in cielo. Il Po ne avrebbe un gran bisogno: come pure l’agricoltura e gli ecosistemi.

I temporali dei giorni scorsi sono stati come quelli di agosto: un episodico passaggio di acqua su una terra riarsa. Ma con la differenza che ora siamo in maggio.

Le precipitazioni non hanno modificato sostanzialmente le condizioni del territorio e del Po che, come spiega l’analisi della Coldiretti, ha meno acqua che a Ferragosto: -2,7 metri rispetto allo zero idrometrico a Ponte della Becca, in provincia di Pavia. E non è una novità, purtroppo. Da molto tempo il Po è irriconoscibile; il grigio della sabbia predomina sull’azzurro dell’acqua.

I risicoltori della Pianura Padana sono disperati. La situazione si evolve nel peggiore dei modi, scrivono sul portale Riso Italiano. Per questo essi tratteggiano per il Po un imminente destino davvero fosco: a partire dal mese di giugno, dicono, somiglierà prevedibilmente ad un torrente, e non più al fiume che abbiamo sempre conosciuto.

Quale sia la situazione che fa da sfondo a questa fosca profezia, lo spiega bene l’ultimo bollettino pubblicato dall’Osservatorio Siccità del CNR, il Consiglio Nazionale delle Ricerche. Si riferisce ai dati del mese di aprile ed osserva: “E’ possibile che nemmeno un maggio fortemente piovoso possa far recuperare il deficit nelle zone più colpite”. Tuttavia in maggio di pioggia se n’è vista poca.

Secondo l’Osservatorio Siccità, durante il mese di aprile le piogge cadute sul bacino del Po sono state nella media quasi ovunque: moderatamente più basse del normale solo nel Piemonte sud orientale e nella Lombardia meridionale. In sé, l’anomalia non sarebbe nulla di speciale: ma se si allarga la prospettiva all’analisi dei mesi precedenti, la situazione cambia radicalmente a causa del forte deficit idrico pregresso.

Sulla scala di tre mesi (febbraio-aprile) si nota siccità estrema o severa su buona parte del Piemonte; siccità severa o moderata sulle pianure lombarde; siccità moderata (localmente severa) su gran parte del Veneto, sulla Romagna e sul Piacentino. La scala di 12 mesi (maggio 2021-aprile 2022) evidenzia la siccità estrema o severa su gran parte del Piemonte e nell’area attorno al delta del Po, con siccità moderata distribuita “a macchia di leopardo” nelle altre regioni settentrionali.

Alla luce di tutto questo vanno letti la disperazione e l’allarme – difficile trovare altri vocaboli – espressi da Riso Italiano: il riso, si sa, pur non essendo una pianta acquatica deve crescere nell’acqua fino al momento della maturazione. La coltivazione, oltretutto, si concentra nell’area a cavallo fra il Piemonte e la Lombardia: una delle zone in cui è evidente il deficit idrico pregresso chiamato in causa dall’Osservatorio Siccità.

L’acqua è poca dappertutto e in montagna c’è l’85% della neve in meno, dicono in sostanza i risicoltori, e quel poco, una volta fuso, smetterà di alimentare i fiumi che scendono dalle Alpi per gettarsi nel Po. Per questo, “salvo eventi meteorologici difficili da immaginare”, ritengono prevedibile che con la seconda decade di giugno i fiumi Po, Dora Baltea, Sesia e Ticino (quest’ultimo per la parte a valle del Lago Maggiore) cambino radicalmente le loro caratteristiche ed assumano un regime torrentizio come i fiumi che scendono dall’Appennino.

In sostanza, la portata del Po e dei suoi principali affluenti piemontesi e lombardi diventerebbe molto variabile. Il volume dell’acqua non potrebbe più contare sullo “zoccolo duro” rappresentato dalla fusione della neve e dipenderebbe direttamente dalle precipitazioni.

Sarebbe un cambiamento davvero epocale per il Po e per tutta la Pianura Padana. Un segno drammatico dei cambiamenti climatici.